Legance: i neo managing partner Troisi e Giannelli parlano di governance, mercato ed estero

di nicola di molfetta

Nuovo corso per Legance, che con la nomina di Filippo Troisi e Andrea Giannelli a co-managing partner inaugura un modello gestionale a due voci, in continuità con il percorso di istituzionalizzazione dello studio e con uno sguardo attento alle sfide future. La nuova governance (per il triennio 2025–2027) è stata approvata dai soci, ed è diventata operativa con l’assemblea di bilancio che ha ratificato un anno record: 199 milioni di euro di ricavi e un margine del 60% nel 2024.

Le novità non si limitano alla leadership duale: Alberto Maggi, managing partner uscente dopo oltre 13 anni, resta parte integrante del nuovo assetto gestionale in qualità di ceo, una figura prevista statutariamente e destinata, almeno per ora, a permanere per l’intero triennio. Sarà responsabile delle operations e delle funzioni manageriali interne. «A lui riporteranno tutte le figure apicali della struttura amministrativa dello studio, dal CFO al Marketing, fino al People & Talent», spiegano Troisi e Giannelli a MAG.

Una novità, quella del ceo, che riflette un cambiamento più ampio del ruolo dei managing partner. Come chiarisce Filippo Troisi, «prima il managing partner svolgeva una funzione pienamente assorbente. Oggi noi manteniamo un coinvolgimento diretto nell’attività professionale e abbiamo un ruolo più istituzionale, orientato alla rappresentanza interna ed esterna dello studio».

Continuità nel rinnovamento

La scelta del doppio managing partner si inserisce in una strategia più ampia di evoluzione della governance. «Uno dei fili conduttori è proprio la continuità nel rinnovamento», sottolinea Giannelli. «Continuità, perché sia Filippo che io siamo fondatori dello studio e siamo parte della sua storia fin dall’inizio. Rinnovamento, perché il nostro obiettivo è traghettare Legance verso una struttura sempre più istituzionalizzata».

Un percorso che si riflette anche nella composizione del nuovo comitato di gestione, che affianca figure consolidate come Andrea Botti e Claudia Gregori a nuovi ingressi più giovani, come Simone Ambrogi (classe 1985) e Giacomo Gitti, nominato segretario del comitato. Rimane una significativa varietà generazionale: «C’è una differenza di 20 anni tra il più senior e il più giovane dei componenti», fa notare Giannelli, «ed è un dato intenzionale: vogliamo creare un laboratorio di leadership futura».

Ruoli complementari, mandato condiviso

Il sistema duale risponde a diverse esigenze, spiegano i due neo-managing partner. Da un lato, consente di suddividere i carichi di lavoro tra professionisti ancora pienamente attivi nella pratica legale. Dall’altro, è funzionale alla gestione del tempo e della continuità: «C’è una differenza di cinque anni tra me e Andrea, e lo statuto prevede un’uscita a 65 anni, rinnovabile per un biennio. Questo consente una transizione graduale», dice Troisi.

Insieme da anni nel comitato di gestione, Troisi e Giannelli rappresentano due anime strategiche dello studio: il primo nel corporate finance, il secondo nel banking & finance. «Due dipartimenti cardine in uno studio ormai completamente full service», puntualizza Troisi.

Leadership diffusa e ascolto

Alla base del modello Legance c’è un’idea forte: la coesione interna come leva di crescita. «Lo studio nasce da un gruppo di persone che si sono scelte. Non da un’acquisizione, ma da una visione comune», racconta Giannelli. Oggi quella partnership conta 66 soci e punta a crescere ancora. Ma l’approccio rimane lo stesso: «Cerchiamo sempre il consenso, non governiamo a maggioranza».

Troisi lo sintetizza con una metafora efficace: «Gestire uno studio legale è come un matrimonio. Ma immagina un matrimonio con altri 65 coniugi: tutti brillanti, con opinioni forti. Il segreto è ascoltare, trovare sintesi, costruire consenso». E aggiunge: «Ciò che tiene insieme tutto è una remunerazione equa, che sia percepita come fair da tutti, e un clima di coesione autentica».

Studio-azienda o studio-istituzione?

Nel percorso di crescita, Legance si pone una domanda chiave: vuole diventare un’azienda o un’istituzione? La risposta è chiara: «Qualcuno usa la parola “azienda”, ma a noi piace di più “istituzione”», afferma Giannelli. «Perché se riusciremo a creare uno studio che sopravviva alle singole professionalità e alle individualità, allora avremo davvero costruito qualcosa di rilevante». Un tassello importante in questo processo è stato l’introduzione di un succession plan già sei anni fa, affidato all’analisi di due ex senior partner di grandi studi anglosassoni. Oggi quella visione è sempre più concreta, anche grazie al Comitato Strategia e Innovazione presieduto da Monica Colombera, che continua a esplorare direzioni nuove per il posizionamento dello studio.

Comunicazione, branding, relazioni

Il triennio 2025–2027 sarà anche l’occasione per una riflessione profonda sulla comunicazione e sull’identità di studio. «A dicembre Legance compie 18 anni: diventiamo maggiorenni. È il momento di interrogarci sul nostro posizionamento», dice Troisi. «Potremmo valutare un rebranding, oppure confermare l’attuale. Ma l’importante è non smettere mai di mettersi in discussione».

Un’attitudine che si riflette anche nei rapporti verso l’esterno, in particolare con i clienti: «Pensare che “tutto vada bene” è il primo passo verso il declino. Noi crediamo che ci sia sempre margine per migliorare. E vogliamo che i clienti scelgano Legance non per i singoli, ma per la fiducia che ripongono nello studio nel suo insieme».

Osservare il mercato, anticiparne i movimenti

Infine, la visione strategica. Legance guarda al futuro con una chiara consapevolezza: il mercato legale è in continua evoluzione. «Siamo passati attraverso le crisi di Lehman e del Covid; ora viviamo nuove incertezze geopolitiche», dice Troisi. «Il nostro obiettivo è anticipare i cambiamenti, comprenderli e non subirli».

Il posizionamento dello studio riflette questa attitudine. Oltre alla storica leadership nel private equity, Legance ha consolidato il proprio ruolo nelle operazioni strategiche, affiancando player come Swisscom, Axa, Leonardo, Fincantieri e Banco BPM. «L’ambizione è continuare a crescere come punto di riferimento per operazioni complesse, anche per corporate internazionali».

Spinta sull’estero e relazioni globali

Nel disegno strategico delineato da Troisi e Giannelli, l’internazionalizzazione sembra destinata a rivestire un ruolo sempre più centrale. Se da un lato Legance mantiene salda la sua identità di studio indipendente con radici italiane, dall’altro investe con decisione nelle relazioni globali. «Raccogliamo moltissimo lavoro tramite il network internazionale, e lo facciamo in modo sistematico», spiega Troisi. Lo studio ha recentemente riorganizzato la propria attività oltreconfine, nominando Piero Venturini — già protagonista dell’esperienza newyorkese — come nuovo head of international.

Attualmente, Legance può contare su una rete di 17 country partner che coprono le principali giurisdizioni globali, con contatti costanti con le principali law firm straniere. La sede di Londra ha un ruolo operativo nella strategia di posizionamento. «Il nostro obiettivo è rafforzare le relazioni con studi indipendenti e, allo stesso tempo, essere pronti a cogliere le opportunità che potrebbero derivare da un eventuale ingresso più deciso degli studi statunitensi nel mercato italiano», conclude Troisi.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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