Le billable hour entrano nei parametri forensi (anche) grazie alle cronache di mercato
Nei giorni scorsi, il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha comunicato la propria ipotesi di modifica dei parametri forensi fissati dal Dm 55/2014. Tra le novità, pensate anzitutto per adeguare i parametri all’aumentato costo della vita, gli avvocati italiani troveranno anche le tariffe orarie. La pattuizione dei compensi a tempo è prevista dalla legge professionale 247. Ma, dal 2012 a oggi, non ha mai trovato applicazione perché non è mai stata definita una soglia economica di riferimento.
Le cose, però, stanno per cambiare e le cosiddette billable hour potranno entrare finalmente nella cassetta delle soluzioni per definire il compenso dei professionisti. Nella delibera contenente le proposte di modifica e integrazione dei parametri forensi vigenti, il Cnf ha proposto l’introduzione di una “soglia” nella forbice di valori compresa tra i 200 e i 500 euro l’ora. Le cifre indicate, segnala il Cnf, “sono quelle segnalate dall’esperienza pratica”. Una esperienza che trova riscontro nelle cronache di mercato curate dal nostro giornale, come sottolinea lo stesso Cnf che scrive: “Confermano quanto sopra i rilievi di recente pubblicati dalla rivista MAG, 160”. Il riferimento è alla nostra biennale salary guide che, grazie al contributo di molti dei nostri stake holder, riusciamo a pubblicare facendo una vera e propria attività di servizio a beneficio del mercato. Credo sia importante segnalare la cosa perché rappresenta, una volta di più, l’importanza della funzione che l’informazione di settore svolge per il comparto. Quanto vale un’ora di lavoro di un avvocato? Questa domanda è rimasta senza risposta per dieci anni. E adesso, se una risposta c’è, è anche dovuta al fatto che ci sono professionisti (dell’informazione) che si adoperano per rendere trasparente il settore e chiarirne le dinamiche di funzionamento. Certo, si dirà, la tariffa oraria resterà uno strumento utile solo a una certa tipologia di studi e solo nelle relazioni con una certa tipologia di clienti (tipicamente aziende). Probabile. Ma il punto è un altro. La conoscenza del mercato produce indicazioni preziose per tutti. E da adesso in avanti gli avvocati italiani avranno a disposizione un ulteriore strumento per regolare i rapporti economici con gli assistiti. Senza informazione si rischiava di rimanere nell’impasse di una norma (quella contenuta nel comma 3 dell’articolo 13 della legge 247/2012) inattuata per mancanza di riferimenti.
Nota a margine. Oltre all’adeguamento di tutti i parametri all’aumento medio del costo della vita intervenuto in questi otto anni e alla fissazione del limite del 50% per determinare il margine entro il quale un giudice può esercitare la propria discrezionalità nella quantificazione delle spese legali, la delibera prova a incentivare il ricorso a modalità alternative della soluzione delle controversie e a colpire gli abusi. È l’effetto Pnrr? Forse sì. Di sicuro c’è un’assunzione di responsabilità da parte dell’avvocatura anche in ossequio a quell’invito a fare la propria parte sul fronte della deflazione del contenzioso civile che la ministra guardasigilli, Marta Cartabia, ha rivolto alla categoria in occasione dell’ultimo congresso nazionale forense riunito in “sessione ulteriore”. E allora bene che si preveda un aumento dei compensi spettanti agli avvocati che assistono le parti nelle procedure di mediazione e negoziazione così come non si può che approvare la riduzione del compenso in caso di giudizi introdotti con mala fede che, dall’attuale 50%, potrà arrivare fino al 70%.
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