LCA, la leadership al plurale: sette soci, deleghe distribuite e l’addio al modello monocratico
di nicola di molfetta
Negli ultimi mesi, lo studio legale LCA ha compiuto una trasformazione profonda nella propria governance, segnando un passaggio storico nella gestione interna e nella sua cultura professionale. Quello che emerge oggi è un modello di leadership collegiale e distribuito, che sostituisce il tradizionale schema monocratico con un comitato di gestione a sette membri ognuno con deleghe precise e responsabilità chiare, mantenendo un forte legame con il lavoro sul cliente e con l’attività professionale sul campo, come raccontano a MAG i soci Angela Petrosillo e Gianluca De Cristofaro.
La riforma è partita dalla costituzione di un comitato costituente. «È stata un’esperienza pazzesca – racconta a MAG la socia Angela Petrosillo che a quei lavori ha partecipato in prima persona –. All’inizio pensavamo durasse un mese. Invece, abbiamo dovuto ascoltare tutti i soci, uno per uno, capire cosa volessero davvero dallo studio, fare un primo passaggio di revisione dello statuto e poi ridiscutere tutto nel dettaglio. Abbiamo praticamente riscritto lo statuto dello studio».
Il comitato costituente era formato da una rappresentanza equilibrata delle diverse generazioni presenti nello studio: due soci giovani, due di età media, due più esperti e un socio proveniente da un percorso “laterale”. «Parlando con i soci ci siamo resi conto che la generazione tra i 40 e i 50 anni era pronta a prendere responsabilità – racconta Gianluca De Cristofaro -, ma nessuno voleva rinunciare alla professione legale per diventare esclusivamente un gestore. Questo ci ha fatto capire che dovevamo cambiare modello».
Il vero punto di svolta è stata la scelta di Giovanni Lega, fondatore dello studio e (fino a questo momento di svolta) managing partner, e Salvatore Sanzo, presidentedal 2018, di fare un passo indietro, rinunciando ai ruoli operativi pur mantenendo cariche di founding partner e presidente onorario. «Oggi – spiega Petrosillo – entrambi non rivestono più ruoli operativi, ma il loro contributo rimane come patrimonio storico e culturale dello studio».
Il nuovo statuto, approvato il 18 settembre scorso, ha istituito il comitato di gestione. La scelta dei sette membri non è stata guidata dai numeri o dal fatturato dei singoli avvocati “eletti”, ma dalle attitudini relazionali e dalla capacità di lavorare in squadra. «Abbiamo rifiutato la logica dell’affidare le leve a chi fattura di più – afferma De Cristofaro – perché produrre di più non significa necessariamente essere in grado di gestire uno studio. Abbiamo selezionato chi aveva le competenze giuste per contribuire a un modello di leadership distribuita, ognuno con le proprie deleghe».
Le deleghe sono state pensate per distribuire responsabilità e garantire efficienza: Angela Petrosillo segue le risorse umane, Luca Minoli e Luciano Castelli gestiscono amministrazione, finanza e controllo, Vittorio Turinetti di Priero cura sedi e real estate, Tomaso Cenci i rapporti con dipartimenti e sedi esterne, mentre Gianluca De Cristofaro si concentra su marketing e comunicazione, e Benedetto Lonato sull’innovazione tecnologica. Ogni membro prende decisioni all’interno della propria area e le riporta a nome del comitato. «Quando decido qualcosa nell’area marketing, lo comunico a nome dell’organo», racconta De Cristofaro. «Questo rafforza il concetto di responsabilità collegiale». Per questioni minori o urgenti si applica la regola del silenzio assenso, accelerando il processo decisionale senza rallentare la vita dello studio. «Il membro del comitato interessato dalla questione scrive una mail al resto del gruppo. Se nessuno obietta o solleva dei dubbi entro un certo lasso di tempo, quella decisione si considera presa», spiega Petrosillo.
La riforma ha semplificato anche la struttura complessiva dello studio. Oltre al comitato di gestione esiste solo il comitato saggi che si occupa della distribuzione degli utili e viene eletto annualmente con la regola che tutti i soci sono chiamati a farne parte (a turno). Le altre attività specifiche vengono affidate a singoli soci, promuovendo una partecipazione diffusa senza creare organi permanenti. Petrosillo racconta: «Vogliamo fare un focus sui crediti? Prendiamo un socio, non membro del comitato, gli affidiamo questo compito e ci aggiorniamo tra un mese. È leadership diffusa, ma anche partecipazione reale. Così evitiamo di ingessare lo studio con riunioni inutili».
Al centro della riforma c’è una filosofia chiara: un approccio profondamente umano che considera la reale condizione delle persone e non solo i numeri. La competizione interna esiste, ma non è distruttiva. «Ho lavorato in studi dove la competizione consumava le persone», sottolinea De Cristofaro. «Qui non succede. Il nostro obiettivo non è fare una settimana bomba in termini di fatturato, ma creare valore duraturo e un ambiente dove le persone possano crescere».
Questa filosofia si traduce anche nella gestione quotidiana dello studio: momenti di team building, eventi culturali o attività di networking diventano strumenti concreti per creare un clima positivo. «Se arrivi al mattino con un sorriso, già respirare un’aria buona aiuta a lavorare meglio, anche se il lavoro è stressante», dice Petrosillo. Il valore delle persone emerge anche nel rapporto con i clienti: la cura del dettaglio, la vicinanza e la sensibilità verso le esigenze individuali permettono di costruire relazioni solide e durature.
Oggi LCA conta oltre 340 persone, di cui 280 professionisti, distribuiti su quattro sedi in Italia e due all’estero, con età media di 38 anni e una certificazione di parità di genere superiore al 50%. Lo studio, nel 2025, si è collocato tra i primi dieci studi italiani per numero di operazioni in Corporate M&A, grazie a un approccio integrato che unisce competenze tradizionali e innovazione.
La rivoluzione silenziosa di LCA dimostra come sia possibile affrontare il passaggio generazionale senza cercare un successore unico o replicare un modello passato. La chiave sta nella leadership distribuita, nella valorizzazione delle competenze individuali all’interno di un gruppo, nella trasparenza e nell’ascolto attivo dei soci. Come sintetizza De Cristofaro: «Se ci fossimo messi a cercare un ‘nuovo Giovanni Lega’, avremmo rischiato di fare disastri. Abbiamo scelto il gruppo che è la nostra forza». Petrosillo aggiunge: «LCA deve camminare con le sue gambe. La leadership, in questa ottica, diventa un corpo collettivo».
In un settore tradizionalmente dominato da gerarchie rigide e modelli monocratici, la storia di LCA rappresenta un esempio concreto di come trasparenza, collegialità e attenzione alle persone possano diventare il motore di crescita sostenibile. La sfida della collegialità non consiste nel rinunciare a decisioni rapide o efficaci, ma nel combinare responsabilizzazione individuale e visione collettiva, creando un ecosistema dove competenza, fiducia e umanità si muovono insieme.
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