L’AIGA CHIEDE MENO DIRITTO ROMANO E PIU’ DIRITTO DELLA RETE

Le esigenze dei giovani aspiranti avvocati e notai? Lo studio dei nuovi campi del diritto, un rapporto più stretto fra il mondo imprenditoriale e universitario e una formazione più pratica nei corsi di specializzazione e nei master. Lo chiedono a gran voce l'Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) e l' Associazione Italiana Giovani Notai (ASIGN), nella "Prima giornata di studio sulle professioni legali", che si è svolta nella sala Giulio Cesare del Campidoglio, Roma.

Occasione in cui è stato presentato il progetto “Alla ricerca delle competenze che migliorano la competitività”, realizzato in collaborazione col Censis per capire quali siano gli strumenti essenziali per i giovani, ma non solo, che vogliono intraprendere una carriera giuridica. 

«Meno diritto romano, più diritto della Rete – spiega Nicoletta Giorgi (nella foto), presidente AIGA – Serve un avvocato 2.0, e in generale maggiore specializzazione per le professioni giuridiche nei nuovi campi del diritto: dal commerciale, che copre uno spettro non più nazionale, ma globale, alle problematiche relative al Web o al diritto ambientale. Giornate come quella di oggi sono fondamentali per cominciare a far dialogare imprese, che devono segnalare quali sono le competenze legali di cui hanno bisogno, e Università, che devono ripensare la loro offerta formativa sulla base delle nuove esigenze di una professione che si evolve, cambia». Ora bisogna trasformare le parole in fatti, a questo mira il progetto "Alla ricerca delle competenze che migliorano la competitività". «Un progetto importante – continua Giorgi – dal quale siamo convinti usciranno indicazioni utili per focalizzare nuovi strumenti essenziali ai futuri professionisti del diritto, per vincere la sfida del mercato del lavoro».

Ripensare la formazione per le professioni giuridiche si rivela cosi non solo fondamentale ma anche urgente, sostengono le associazioni. A dare l'allarme sono i numeri: il tasso di disoccupazione è per i laureati in Giurisprudenza a 5 anni dal diploma è del 13,2%, le immatricolazioni sono in calo, e quasi uno studente su tre ammette di non trovare utilizzo di quanto studiato nello svolgimento dell'attività quotidiana. Il tema è ffrontato anche dal ministro della Giustizia Andrea Orlando: «Bisogna costruire delle forme che aiutino la giustizia ordinaria – ha detto il ministro riferendosi all'alto numero di cause in Italia – serve un professionista diverso dall'avvocato, che arrivi prima del processo. Stiamo anche lavorando per una specializzazione della giustizia civile sul fronte dell'aiuto alle imprese e alle famiglie».

«Penso sia utile – ha proseguito Orlando – che una parte del percorso di avvocati e magistrati sia un affiancamento del giudice ordinario. Mentre per i magistrati è essenziale la formazione comune europea per superare le diffidenze fra Stati. Non si tratta di un percorso facile, come si è capito dalla resistenza a smontare alcuni strumenti di formazione che non hanno dato buona prova, ad esempio la Scuola Superiore della Magistratura che può essere sostituita da periodi di esperienza in tribunale, un passaggio che ritengo inevitabile il cui annuncio ha provocato un'ampia levata di scudi».

«Bisogna ripensare la formazione in chiave più pratica – ha poi ribadito il presidente AIGN Ludovico Maria Capuano – un notaio che supera il concorso si ritrova con un gap decennale sulle reali esigenze del mercato del lavoro nel quale aspira ad entrare», a indicare una sostanziale frattura fra ciò che avvocati, notai e magistrati offrono e quello che invece viene loro richiesto.

 

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