LabLaw rafforza la propria identità territoriale

Un mercato difficile. Dove cresce la concorrenza. E non sempre l’attività professionale viene remunerata adeguatamente. È il diritto del lavoro. Si tratta di uno di quei settori dove la ricerca di nuovi spazi di mercato è diventata essenziale così come la capacità di attuare strategie innovative per distinguersi in un contesto dove gli spazi per la crescita di uno studio legale sono cambiati. Per certi versi si sono spostati. A descrivere lo scenario e a raccontare la loro strategia sono Francesco Rotondi e Luca Failla che, 10 anni fa, hanno fondato Lablaw una delle più quotate e innovative realtà del mercato giuslavoristico italiano. Come si è arrivati alla svendita di questa tipologia di attività legale? «Difficile dare una risposta univoca», dice Rotondi a MAG. «Tanti professionisti italiani non sono riusciti a portare a dignità di “voce di costo” il diritto del lavoro». Poi c’è il problema dei prezzi. Qui interviene Failla: «A svendere il labour come commodity sono stati spesso gli studi legali multidisciplinari che, solitamente, hanno il loro driver principale nel m&a». Il che però ha inevitabilmente un riflesso sul mercato. «Ed è proprio questo il problema», tuona Failla, «perché così facendo si crea un benchmark che poi diventa il prezzo di quel servizio sul mercato».

In questo scenario complesso, Lablaw come si è mosso??
Francesco Rotondi: Noi siamo andati bene. Abbiamo continuato a consolidare il nostro posizionamento di mercato e a innovare.

Sì, ma strategicamente?
FR: Semplice, siamo andati a vedere dov’è che c’era domanda di assistenza legale in ambito giuslavoristico. E lì abbiamo cominciato a investire.

Quando dice “dove”, lo dice in senso geografico?
FR: Certamente. Il mercato c’è. Ed è in Italia. Che non è solo Milano. Questa è stata la chiave di volta. La nostra intuizione. L’economia del territorio è ricca di opportunità.

L’ultima mossa su questo fronte è stata l’apertura di una sede Lablaw a Bari…
?FR: Esatto. Apertura che ha di poco seguito quella di Napoli. La logica della territorialità l’abbiamo sempre sostenuta. Lo studio deve essere presente, parcellizzato, nel territorio per essere vicino a fette di mercato inesplorate con problematiche di diritto del lavoro enormi.

Di che genere di problematiche parliamo?
FR: Si tratta a volte di problematiche legate a fasi di crisi ma in molti altri casi si tratta di questioni legate allo sviluppo e alla crescita delle aziende.

Continuerete su questa strada?
Luca Failla: Il mercato del lavoro è un mercato territoriale. E noi grazie a questo approccio stiamo crescendo. Abbiamo chiuso il 2015 a 6,5 milioni di fatturato e nel primo trimestre di quest’anno abbiamo già fatto +30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Il mercato c’è…
LF: Ma bisogna andarselo a cercare. Bisogna essere flessibili, riuscire a fare la scelta giusta e questa non è una cosa banale. Ma la territorialità per noi è sempre stata un driver. Non a caso siamo stati i primi ad aprire a Roma.

A proposito di Roma. Dopo l’uscita di Nicola Petracca cosa pensate di fare? Riaprirete uno studio con insegna Lablaw?
LF: Questo è un tema interessante. Perché a differenza delle sedi in Puglia, Veneto, Campania, Abruzzo e Liguria, che sono molto operative e da cui riceviamo già segnali interessanti di sviluppo, Roma è un mercato a sé.

Ovvero?
?LF: Roma è un mercato particolare. L’apertura a Roma era stata una mossa necessaria perché lo studio voleva diventare nazionale. E poi internazionale (si veda il box, ndr). Quindi è stato un passaggio obbligato. Oggi, pur non avendo più una sede a Roma, siamo sicuramente percepiti come uno studio nazionale e una realtà internazionale.

Quindi non vi serve più essere a Roma?
….

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