Dla Piper: la nuova leadership lavorerà all’istituzionalizzazione

di nicola di molfetta

Capacità di tenuta. E di rilancio. Nell’anno segnato dalla pandemia la sede italiana di Dla Piper ha consolidato il suo posizionamento sul mercato locale e rafforzato la partecipazione alla gestione internazionale della law firm con la nomina di Bruno Giuffrè, co-managing partner dello studio in Italia assieme a Wolf Michael Kühne, nel nuovo board.
Come raccontano in questa intervista a MAG Giuffrè e Kühne, il viaggio continua. E la prossima tappa si chiamerà istituzionalizzazione. Un obiettivo ambizioso che racconta la visione della partnership rispetto al suo ruolo nel sistema Paese. Un cammino che è già stato intrapreso ma rispetto al quale «ci rimane qualche passo del cammino da completare», dice Giuffrè che nei prossimi mesi potrebbe lasciare la poltrona di managing partner a un nuovo collega.

A un anno dallo scoppio della pandemia di Covid-19, qual è lo stato di salute di DLA Piper?
Bruno Giuffrè (BG): Molto buono. La tenuta fino ad ora dei ricavi, unita al contenimento dei costi per effetto delle politiche adottate dallo studio e dell’oggettivo raffreddamento dell’economia (meno viaggi, meno eventi, minori spese di gestione), ci fanno sperare in una fine d’anno (il nostro esercizio chiude il 30 aprile) positivo, in continuità, se non addirittura in ulteriore miglioramento rispetto agli ultimi anni.

Per voi, come per le altre law firm britanniche c’è stata anche Brexit…
BG: Vero. Qualcuno la paragonava al Millennium Bug, ma come questo, alla fine non ha avuto effetti negativi sostanziali sul nostro business. Merito della lunga preparazione (iniziata dopo il referendum in UK) e dell’hedging che siamo stati in grado di fare con la nostra forte diversificazione in termini di servizi offerti e territori coperti.

A proposito di territori: in Italia come sono andate le cose? 
Wolf Michael Kühne (WMK): Direi in modo altrettanto buono. La dinamica appena descritta sta caratterizzando anche il nostro anno in Italia. Chiuderemo almeno in linea con l’anno precedente. Poi come sa, a fine anno di solito c’è un rush di attività, con una concentrazione e accelerazione significativa del fatturato.

Avvocato Giuffrè, da qualche mese siede nel board internazionale dello studio: come è visto il mercato italiano in questa fase congiunturale? 
BG: Tutto sommato bene, forse meglio di quanto le condizioni complessive del Paese possano spiegare. Dichiaro subito il mio conflitto di interessi, ma credo che gli ottimi risultati, la coesione e l’allineamento della sede italiana in questi anni abbiano abituato molto bene lo studio e i suoi vertici.

La crescita dal 2013/14, anno del vostro insediamento come cmp è stata costante: il fatturato è passato da 56,8 milioni a 100,9 (si veda il numero 142 di MAG). E sempre l’anno scorso avete superato quota 200 avvocati in Italia…
WMK: DLA Piper oggi è una realtà che gode di eccellenti posizionamento e reputazione a livello locale e che contribuisce ai risultati globali della firm in misura più che proporzionale rispetto alle dimensioni dell’economia in cui opera. E poi, tornando alla domanda su come venga visto il mercato italiano, devo dire che ormai c’è una convinzione radicata che, a prescindere dal governo o anche senza il governo, l’Italia e gli italiani comunque se la cavano.

Senta avvocato Giuffrè, il suo ruolo nel board internazionale ora si è andato ad aggiungere a quello di co-managing partner. È uno stato di cose che resterà tale o ci sarà un avvicendamento qui in Italia?
BG: Io sono entrato formalmente nel ruolo di elected board member da gennaio. Ho iniziato una induction molto impegnativa. Finora, vista la rapida successione con cui sono avvenute le cose, abbiamo lasciato tutto com’era. Ma direi che presto si renderà necessaria l’individuazione di un altro cmp. È un tema che avevamo cominciato a discutere da tempo. Anche perché le organizzazioni sane pensano alla successione dei loro leader.

Quindi un altro managing partner al fianco dell’avvocato Kühne?
BG: È una pratica aperta. Wolf Michael garantisce stabilità e continuità. Il nuovo co-managing partner verrà scelto dai  vertici dello studio, sentiti i soci italiani. Di più, al momento, non è possibile dire.

In Italia si ha la sensazione di una sempre maggiore concentrazione del mercato: condivide questa visione? Come la spiega?
BG: Ho la stessa sensazione, anche se ho il dubbio che sia almeno in parte dovuta alla presenza assidua dei grandi studi nella comunicazione e nei media, che mette in secondo piano gli avvocati che esercitano la professione nelle forme tradizionali, e che continuano a rappresentare la schiacciante maggioranza della categoria. Poi resta il fatto che, quando il mare è in tempesta, è meglio trovarsi su una nave che su una scialuppa.

WMK: Questo vale per gli avvocati, giovani e meno giovani, per il personale amministrativo e di segreteria e anche per i clienti, che per le loro questioni scelgono gli individui, ma possono preferire che questi siano inseriti in un’organizzazione forte, strutturata, stabile, specializzata e, perché no, internazionale.

Il 2020 forse è stato il primo anno in cui non avete fatto lateral hire: come va letto questo dato?

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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