La GenAI e il modello di business degli studi legali
Non c’è dubbio che il 2023 passerà alla storia come l’anno dell’intelligenza artificiale applicata anche alla professione legale. Merito del fenomeno ChatGpt e dei suoi derivati.
A sancire questo dato storico, l’esclamazione «Accordo!» con cui il commissario Ue al mercato interno, Thierry Breton, il 12 dicembre scorso ha annunciato al mondo l’intesa raggiunta sul AI Act, ovvero la prima legge sull’intelligenza artificiale che punta a favorire l’innovazione in Europa.
Intanto, per tornare alle cose del mondo legale, c’è una questione che diventa sempre più urgente: a quale prezzo potranno essere vendute le prestazioni fornite ricorrendo agli strumenti dell’intelligenza artificiale nel prossimo futuro? La questione si pone soprattutto per quei “prodotti” che potranno essere realizzati grazie a un utilizzo quasi esclusivo delle macchine in alternativa al lavoro professionale di tradizionale derivazione umana.
Si va verso l’industrializzazione massiva dei servizi o ci sarà ancora spazio (e mercato) per un’attività “artigianale” e su misura? Come si ripartirà l’attività degli studi legali tra queste macro-categorie di prodotti? Quale sarà il punto d’equilibrio necessario a mantenere invariata la (elevatissima) profitability di queste organizzazioni che, fino a questo momento, hanno fondato la propria capacità di realizzare utili da capogiro essenzialmente grazie all’applicazione della cosiddetta “leva”, vale a dire giocando sul rapporto soci/collaboratori interno alla struttura e sulla capacità di prezzare in maniera efficace il lavoro delle squadre messe a servizio di operazioni straordinarie, consulenza e contenziosi, marginando sulla differenza tra “costi di produzione” e “prezzo al pubblico”?
Se i compiti ripetitivi verranno eseguiti in modo più efficiente dall’IA (come dicono tutti), gli studi legali saranno in grado di razionalizzare i propri costi operativi e a quel punto dovranno offrire tariffe più competitive ai clienti. O almeno, questo è quello che i clienti si aspetteranno in tutta prevedibilità. Quindi, l’automazione di talune funzioni potrà portare a una riduzione dei prezzi dei servizi legali. E questo potrebbe originare un rompicapo decisamente complesso da risolvere per chi si occupa della gestione delle organizzazioni professionali e deve badare alla loro sostenibilità finanziaria.
Mettendo un attimo da parte la dimensione del fatturato, che secondo alcuni sarebbe meno rilevante di quanto generalmente si possa pensare, e concentrandoci sull’analisi degli utili, la sensazione è che ci si troverà dinanzi a un bivio. Intensificare la produttività puntando sulla generazione di volumi importanti mantenendo gli organici (quasi) invariati e sfruttando la capacità produttiva delle macchine. Oppure, ridurre drasticamente il capitale umano impiegato negli studi legali affiancando a poche, selezionatissime e altamente remunerate risorse umane, il massimo di ciò che la tecnologia potrà mettere a disposizione per occuparsi di attività ad alto valore aggiunto a cui il mercato sarà disposto a riconoscere un prezzo ancora vicino agli standard odierni.
A cascata, ovviamente, ciò potrebbe comportare una riconfigurazione delle responsabilità all’interno dello studio legale, con un maggior focus sulla consulenza strategica da parte dei soci e una maggiore autonomia per i collaboratori nell’esecuzione di compiti più complessi.
In teoria, se ben sfruttata l’IA potrebbe persino migliorare la redditività degli studi legali d’affari attraverso l’ottimizzazione delle risorse l’espansione delle opportunità di servizio e una maggiore efficienza operativa. Ma a quale prezzo per l’attuale popolazione forense? Ci sono già movimenti in tal senso sul mercato? La riduzione degli organici o la loro razionalizzazione, se si preferisce, finalizzata al mantenimento della redditività è già in atto? La sensazione è che il fuoco stia covando sotto la cenere. Ne parleremo (non ci sono dubbi) nell’anno che verrà.
QUESTO ARTICOLO APRE IL NUOVO NUMERO DI MAG. CLICCA QUI E SCARICA LA TUA COPIA