Inspira Law: non sono tutte, quelle che ci sono…

di nicola di molfetta

Anche quest’anno, dedichiamo un numero di MAG all’eccellenza professionale femminile, occupandoci in modo particolare delle professioniste che popolano il mercato dei servizi legali in house e nel libero foro.
Vi raccontiamo, attraverso un piccolo campione dei profili che ci sono sembrati più presenti e visibili nel corso dell’ultimo anno, chi sono le donne del legal market contemporaneo: i loro ruoli, le loro peculiarità, i traguardi che hanno raggiunto e i progetti di cui sono animatrici.
Vi raccontiamo una microscopica porzione di questo universo parallelo coscienti di due cose ben precise.
La prima è che quelle che compaiono in questo elenco ristretto ad appena cinquanta nominativi non sono (e non potrebbe essere diversamente) tutte quelle di cui potremmo e vorremmo parlare. Non sono tutte, perché le professioniste che ormai giocano un ruolo da protagoniste nel settore sono infinitamente di più.
La seconda è che sempre di più sarà possibile raccontare questo settore declinato finalmente al femminile. La statistica ci autorizzerebbe già adesso. In Italia, un avvocato su due è donna. Per cui, gli amanti delle battaglie semantiche sarebbero già autorizzati a condurre una crociata per elevare il lemma Avvocata ad epiteto general-generico per additare gli e le appartenenti alla categoria. Tuttavia, ciò che renderebbe ancora donchisciottesca l’impresa di questo esercito di ventura (di cui sarei, senza esitazioni, volontario della prima ora) è il fatto che al peso numerico delle avvocate sul mercato non corrisponde ancora un proporzionale peso politico. Questo è vero sia nelle istituzioni forensi sia negli studi associati dove ruoli e gerarchie definiscono chiaramente da che parte pende (ancora oggi) la linea di comando.
Ma questo non ci deprime. E soprattutto non ci spinge a desistere. È possibile immaginare un mercato organizzato al femminile? Sì. E questo è possibile perché nell’avvocatura nazionale e in particolare nell’avvocatura d’affari, le condizioni numeriche e strutturali per procedere a un tale rivolgimento ci sono già tutte. In questo, permettete la chiosa, l’avvocatura è molto più avanti della finanza dove le barriere all’ingresso delle donne, rispetto ai piani altissimi delle organizzazioni del settore, sembrano ancora invalicabili, tanto che qui una donna presidente o (più raramente) amministratrice delegata non solo fa notizia, ma risulta ancora “sola”. Nel mondo forense le cose sono messe diversamente, dicevo, perché dietro le diverse donne in posizioni di responsabilità ci sono tante, tantissime avvocate che partecipano alla crescita e allo sviluppo delle insegne di cui sono parte, fornendo un contributo determinante, in tutto e per tutto analogo a quello di gran parte dei colleghi uomini. Tutto sta a cominciare. Tutto parte dalla volontà di prendersi questi spazi e di gestirli in modo nuovo.
Già, perché questo è il cambio di passo fondamentale che tutti (almeno tutti quelli che questo cambiamento lo auspicano) attendiamo. I vertici di qualunque organizzazione possono essere affollati di donne quanto si vuole, ma se queste continueranno a perpetuare modelli operativi del passato (che per ragioni storiche e culturali sono stati intrinsecamente declinati al maschile) allora, il tanto atteso cambiamento rischierà di restare lontano come Godot. Sono quelle che già ci sono che possono fare la differenza. A che prezzo? Questo sarà da vedere.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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