IL PASSAGGIO GENERAZIONALE? QUESTIONE DI PORTAFOGLIO CLIENTI
di Nicola Di Molfetta
La parola socio, in uno studio legale, sottintende un concetto di uguaglianza tra professionisti che in pratica non esiste. E questo non solo perché alla pari dignità professionale quasi sempre non corrisponde la titolarità dello stesso numero di quote dell’associazione possedute da ciascun partner. Ma soprattutto perché in quasi ogni grande law firm italiana, l’avviamento conquistato negli anni è frutto del carisma e delle relazioni che fanno capo a una sparuta minoranza di soci, quelli che gli americani, in modo molto evocativo, chiamano “uomini della pioggia” ovvero rainmaker.
In Italia non ci sono studi con secoli di storia alle spalle. Si tratta, salvo poche eccezioni, di strutture giovani con al massimo 25-30 anni di vita. Questo cosa significa? Che in molti casi, i soci fondatori sono ancora presenti e attivi. E più d’ogni altra cosa, questi avvocati sono ancora i tenutari del patrimonio di relazioni e contatti su cui è stato costruito l’intero business case professionale di questi studi.
Ecco perché l’eventuale uscita dalla partnership di questi legali, sia essa dovuta a sopraggiunti limiti d’età o ad obblighi statutari o ancora a scelte di vita, può rappresentare un grosso problema per “i soci che restano”. Nessuno, infatti, può sapere con certezza cosa accadrà allo studio una volta che i suoi fondatori e soprattutto i suoi rainmaker decideranno di fare un passo “a lato” e dedicarsi ad altro nella vita. La preparazione del passaggio generazionale in uno studio legale è, quindi, di fondamentale importanza. Soprattutto nella misura in cui bisogna fare in modo che all’avvicendamento tra vecchia e nuova generazione corrisponda la trasmissione per intero del patrimonio di clienti e relazioni dei fondatori.
Facile a dirsi. Meno a farsi. Del resto come si può essere certi che un soggetto o un’azienda, legata da un rapporto di fiducia diretto a un determinato avvocato, accetti di restare cliente dello studio anche quando il proprio legale di riferimento sarà uscito dalla partnership? In Italia, molte realtà sono alle prese con questo tema per la prima volta. E il successo o il fallimento delle soluzioni che verranno adottate rappresenterà un caso di studio e un parametro di riferimento per molte altre strutture negli anni a venire.
Detto questo, sembra interessante il modo in cui numerose law firm americane gestiscono l’eredità dei soci prossimi alla pensione. Accade, infatti, che in molti studi sia ormai consuetudine garantire ai partner una sorta di royalty sui clienti che resteranno fedeli anche dopo la loro uscita. Questi avvocati continueranno a ricevere una percentuale sulle parcelle che i loro ex studi emetteranno per i lavori svolti con i loro ex clienti. Questo, in teoria (e spesso in pratica), fa sì che il socio collabori davvero alla realizzazione del trasferimento del cliente al portafoglio dello studio. Visto che in Italia non esistono precedenti significativi, guardare oltreoceano potrebbe essere utile.
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