IL DIVORZIO AI TEMPI DI BERGOGLIO…

di nicola di molfetta

«L’interesse spirituale e l’interesse economico vanno staccati. La Chiesa ha tanta generosità da poter fare giustizia gratuitamente». Con queste parole, papa Francesco Bergoglio, lo scorso 5 novembre, ha affrontato senza filtri uno dei temi più controversi per la cristianità contemporanea: il divorzio e il funzionamento della giustizia rotale. «L’annullamento dei matrimoni non sia un giro di affari, ma la giustizia sia gratuita». Ha ribadito il pontefice parlando ai partecipanti alla Prassi Canonica, un corso promosso dal Tribunale della Rota romana. Una platea di “addetti ai lavori” a cui ha anche rivelato che nel recente Sinodo dei vescovi sulla famiglia si è discusso di come snellire i processi di nullità matrimoniale «per un motivo di giustizia». «Alcune procedure – ha sottolineato Francesco – sono tanto lunghe o tanto pesanti che non favoriscono, e la gente lascia».

Amen.

La cacciata dei mercanti dal tempio della giustizia rotale avrebbe un costo non indifferente. Le circa 1.800 cause che finiscono dinanzi alla Rota romana (ultimo dato riferito al 2013), infatti, muovono un giro d’affari che può essere stimato tra i 45 e i 50 milioni di euro. E questo, solo per l’Italia. Infatti, secondo il prezzario Cei, per il primo e secondo grado per cui sono responsabili i tribunali ecclesiastici diocesani il prezzo di un avvocato 'canonista' varia dai a 1.575 ai 3 mila euro. E 525 euro vengono intascati dalla corte come contributo all'apertura della causa. Con il secondo grado, poi, si aggiunge un sovrapprezzo tra i 604 e i 1.200 euro. Ma il prezziario esclude tutte le spese vive a cominciare da quelle legate alla (fondamentale) ricerca delle prove.

Le parole di Francesco hanno avuto un’eco doppia dall’altra parte del Tevere dove, nei palazzi della politica, si stava votando la riforma della giustizia civile che con i capitoli sulla negoziazione assistita e della separazione in Comune, ha rivoluzionato la procedura in materia di scioglimento dei rapporti matrimoniali. Parlare di gratuità e tempi rapidi, al di là del presumibile scompiglio che ha gettato nella ristretta cerchia dei patrocinatori rotali (sono solo 270 nel mondo), fa pensare alla funzione e al ruolo che la giustizia dovrebbe avere nella regolamentazione delle relazioni interpersonali consentendo a tutti e senza costi proibitivi di godere, nei limiti della legittimità, del diritto all’autodeterminazione sociale e civile. Il calmieramento dei prezzi e la velocizzazione della procedura per arrivare alla separazione e quindi al divorzio ispira anche le nuove norme in tema di giustizia civile approvate dalla Camera il 6 novembre. La possibilità di raggiungere un accordo senza bisogno di passare per le aule di un Tribunale, ma solo grazie all’assistenza di avvocati, o addirittura (in assenza di figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti e in assenza di questioni patrimoniali) rivolgendosi direttamente all’ufficiale di stato civile del Comune dovrebbe rendere meno onerosa e lunga tutta la procedura che conduce una coppia a mettere fine al proprio rapporto dinanzi allo Stato.

In questi casi agli avvocati si chiede un grande atto di responsabilità. Perché tali innovazioni troveranno applicazione nella misura in cui i legali si renderanno partner costruttivi nell’attuazione della nuova procedura. Per parte sua, però, il legislatore dovrebbe riflettere sull’opportunità di riservare l’esercizio di questa funzione a specialisti. Un esperto in diritto di famiglia deve avere competenze anche in ambito lavoristico, tributario, successorio. L’improvvisazione non dovrebbe trovare spazio. In caso contrario, un’apertura indiscriminata del settore potrebbe avere più di qualche effetto collaterale.

nicola.dimolfetta@legalcommunity.it
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