Identità GOP: anno dei record. Focus su governance, persone e compensi. Parlano i managing partner
L’ultima novità in ordine di tempo è stata l’avvicendamento nel ruolo di co-managing partner tra gli avvocati Antonio Auricchio e Giuseppe De Simone. Un passaggio di testimone previsto e programmato a luglio 2023, quando lo studio ha anche rinnovato il comitato esecutivo. De Simone, classe 1976, affianca Giuseppe Velluto, classe 1970. Gianni & Origoni (Gop) per i prossimi tre anni (almeno) avrà la sua prima coppia di millennial alla guida dello studio, che assieme al socio senior e co-fondatore, Francesco Gianni, forma il comitato di gestione e partecipa al comitato esecutivo. Entrambi, Velluto e De Simone, hanno risalito la gerarchia organizzativa dell’associazione professionale formandosi ruolo dopo ruolo. Sono stati entrambi office partner (il primo per la sede di Milano, l’altro per quella di Roma). Entrambi hanno fatto parte del comitato esecutivo come componenti eletti (oggi lo sono di diritto in quanto co-managing partner). «Io ho fatto anche il recruiting partner», ricorda De Simone che MAG ha incontrato assieme a Velluto nella sede di Piazza Belgioioso a Milano. Le persone saranno una costante del discorso che andremo ad affrontare. Del resto, le persone sono l’asset più importante di uno studio legale. Il fattore che ne determina lo sviluppo e il successo. A proposito, anche il 2024, stando ai dati, è stato un anno di crescita per lo studio. «Abbiamo registrato un aumento del fatturato del 9% – dice Velluto -. Il che significa che siamo a circa 188 milioni di euro». Una performance realizzata grazie all’andamento dell’area corporate m&a, ma non solo.
Fusioni e acquisizioni sono sicuramente la locomotiva dell’organizzazione. L’osservatorio Mergermarket ha contato 65 operazioni annunciate nel corso dell’anno, per un valore complessivo di circa 10,5 miliardi di dollari (+39,5%). Nell’elenco, solo per citarne alcune, l’assistenza a Ita Airways nel passaggio a Lufthansa; l’affiancamento di Kkr nell’ingresso in Enilive e nell’acquisizione della rete Tim. Lo studio c’è. È presente nelle operazioni che contano. Un trend che il 2025 sembra confermare. Anche qui, solo a titolo esemplificativo, possiamo ricordare il ruolo che Gianni & Origoni gioca in una delle “partite” più interessanti del cosiddetto risiko bancario al fianco di MPS nella Ops lanciata su Mediobanca.
Proprio perché practice area di punta, nonostante il forte posizionamento di mercato, il corporate m&a continua a essere un settore in cui lo studio investe. A maggio 2024, infatti, la sede di Milano ha aperto le porte a Massimo Tesei e un team di cinque professionisti (tra cui un socio) arrivati dalla boutique Di Gravio Avvocati (grande grip sul mercato corporate industriale e mid market). «Abbiamo fatto una serie di innesti mirati – dice De Simone – inserendo profili che stanno contribuendo a sviluppare aree di pratica in cui abbiamo individuato opportunità di crescita». M&A a parte, il grosso dell’effort messo in campo dallo studio ha puntato su tax e litigation. Nell’area fiscale e tributaria sono arrivati, dapprima, Luca Dal Cerro (ex Legance) e poi il professor Giulio Andreani (ex Pwc Tls) assieme a un team di tre persone. Nel contenzioso, invece, sono arrivate Cecilia Buresti con tre collaboratori (ex Norton Rose Fulbright) attivi soprattutto sul fronte della litigation assicurativa e, notizia di questi giorni, Eviana Leung, entrata come counsel, nella sede di Hong Kong.
La direzione è quella del consolidamento della natura full service da cui, sottolinea De Simone, «non si può prescindere. Oggi abbiamo circa 40 persone che fanno amministrativo, 70 almeno che si occupano di litigation, 40 nel tax. Poi abbiamo continuato a crescere nell’Ip e abbiamo puntato su aree più di nicchia ma con grandi potenzialità di crescita come la space economy e la cybersecurity» in cui, dall’arrivo del socio Stefano Mele in avanti, lo studio si è dotato di competenze di alto livello. Il mercato vuole e premia studi capaci di seguire operazioni complesse; organizzazioni in grado di garantire lo stesso livello di qualità nell’assistenza sui vari fronti del deal. «Il mercato – aggiunge De Simone – chiede una capacità di risposta che sia completa. Io mi occupo di banking & finance ma spesso ho da gestire questioni fiscali o amministrative o regolamentari. I clienti si aspettano che uno studio come il nostro abbia la stessa capacità d’azione su ogni versante. Essere full service, oggi, significa essere in grado di rispondere in maniera efficiente a questo tipo di esigenza».

«Ma questo – aggiunge Velluto – è un obiettivo che perseguiamo anche attraverso la crescita interna. Abbiamo la massima attenzione alla valorizzazione dei nostri talenti e questo per almeno due ragioni: la prima è che ci interessa consolidare e preservare l’identità Gop; la seconda è che al mercato bisogna garantire professionalità di alto standing tecnico». Ed è per questo che lo studio, in questi ultimi due anni, ha lavorato con grande attenzione alla riforma della propria partnership. «Oggi abbiamo 58 soci equity e 24 non equity – afferma Velluto – e questi ultimi hanno uno status molto diverso rispetto a prima». «Di fatto – si inserisce De Simone – oggi, i soci non equity sono professionisti che hanno in nuce le caratteristiche per accedere all’equity. La nostra non equity partnership è un incubatore dell’equity, per cui da noi, oggi, chi diventa socio non equity, di fatto, è on track per accedere all’equity entro un periodo che indicativamente si può stimare di tre anni». E non è tutto. Lo studio ha deciso di liberarsi dalle catene della logica up or out in virtù della quale, solitamente, chi non cresce, esce. «La nostra visione è prospettica. “Up or out” non è una logica attuale – dice Velluto –. Abbiamo differenziato i percorsi di carriera creando percorsi alternativi alla partnership, con le figure di senior counsel e of counsel. L’obiettivo è valorizzare le caratteristiche di ogni nostro professionista». «L’eccellenza professionale – aggiunge De Simone – è un principio da cui Gianni & Origoni non può prescindere. L’attenzione alle persone e ai talenti è sempre stata al centro e nel futuro creerà professionisti con caratteristiche diverse, valorizzando il potenziale di ognuno, creando le condizioni perché ci sia spazio di crescita. In altre parole: garantendo un ambiente migliore per tutti valorizzando il capitale umano, assecondando indole, attitudine e potenziale di ciascun individuo.
La definizione del career path è un altro tassello fondamentale della strategia dell’eccellenza messa in campo da Gop. Lo studio, ingaggiato (come tutti) nella cosiddetta battaglia per i talenti, ha rivisto al rialzo le remunerazioni delle fasce più giovani. Oggi, un associate al primo anno parte con una remunerazione di 36 mila euro e arriva a guadagnare circa 145 mila euro l’anno (al quale va aggiunto il bonus) quando raggiunge il massimo della seniority prima del salto nella counselship o nella partnership. Ma non tutto si riduce a una questione di soldi secondo i co-managing partner Velluto e De Simone. «La retention dei collaboratori – dice Velluto – è legata anche al fatto di offrire loro delle prospettive. Un progetto in cui riconoscersi. E soprattutto nella capacità dello studio di dimostrare attenzione al loro benessere». Più che allo smart working l’attenzione è rivolta al work-life balance, alla formazione e alla crescita personale e professionale. («Siamo avvocati. Lo smart working lo facciamo da sempre. Visto che da sempre siamo abituati a lavorare da qualsiasi posto e in qualsiasi giorno»). «Facciamo tanta formazione per i più giovani – ricorda De Simone – dando sostegno alla loro crescita professionale attraverso programmi di formazione sia accademica, sia presso i nostri clienti e studi amici. Cerchiamo di coinvolgere i colleghi più giovani nella vita e nei meccanismi di funzionamento dello studio. Abbiamo costituito un comitato associate allo scopo di accelerare il processo di istituzionalizzazione dello studio e facilitare il dialogo con i colleghi più giovani in una dinamica bidirezionale». Poi l’avvocato torna sulla questione remunerazioni. «La tendenza – afferma De Simone – è quella di aumentare i compensi dei più giovani. Il punto è che ci sono sempre meno aspiranti avvocati. E tra questi bisogna riuscire ad attirare i migliori. Le retribuzioni e le prospettive economiche sono una componente. Poi c’è il progetto, la trasparenza dei percorsi di carriera e l’attenzione alla persona, in altre parole: l’identità Gop».

A proposito di carriera e compensi, la novità più grande sul piano della governance arrivata nell’ultimo anno riguarda sicuramente l’ampliamento della mission e la composizione delcomitato compensi. Lo studio ha infatti creato un organo deputato alla definizione delle remunerazioni dei soci, dei soci non equity, così come dei senior counsel e degli of counsel. «Si tratta di un organismo totalmente indipendente – dice Velluto – nel senso che nessuno dei suoi otto componenti è (o può essere) membro del comitato di gestione o del comitato esecutivo». In più, aggiunge De Simone, «lavora dodici mesi l’anno. E questa è una cosa fondamentale perché significa che segue i professionisti nel corso dell’anno, monitora l’andamento dell’attività in modo continuativo e ha la possibilità di intervenire per migliorare l’andamento e le performance in corso d’opera». Il comitato compensi è caratterizzato anche da una composizione eterogenea sia in termini di aree di pratica rappresentate sia in termini di estrazione anagrafica.
Migliori prestazioni implicano ulteriore crescita. Non solo in termini di ricavi ma anche in termini di organico. Gianni & Origoni è ormai a un passo da raggiungere la soglia dei 500 professionisti. «Manca davvero poco. Probabile ci arriveremo già nei prossimi mesi», afferma Velluto. L’internazionalizzazione sarà sicuramente uno dei fattori propulsivi. «Siamo nati internazionali», ricordano i co-managing partner. E in effetti, nel 1988, lo studio fu fondato con tre sedi (e 9 avvocati): Roma, Milano e New York. Essere internazionali fa parte della nostra vocazione che ci ha portato ad ampliare la nostra presenza all’estero (Bruxelles, Londra, Abu Dhabi, Hong Kong, Shanghai), così come quella italiana (Torino, Padova, Bologna). L’internazionalità del progetto è rimasta tale nella misura in cui lo studio ha lavorato tantissimo, oltre che per la clientela nazionale, per quella straniera interessata a fare operazioni in Italia, e deal che, di fatto, nascevano oltreconfine. «La nostra capacità di intercettare lavoro dall’estero rimane un fattore strategico», affermano i co-managing partner. Che questa cosa continui a passare per l’apertura di sedi, però, non è affatto detto. «La politica dei desk dedicati (lo studio ne ha sei: Africa, Cina, Corea, India, Turchia, Lussemburgo, ndr) sta funzionando molto bene, riteniamo che ci sia un flusso di lavoro importante che si può intercettare alla fonte». Un passaggio ulteriore, invece, potrebbe essere rappresentato da un rafforzamento dei rapporti con studi-europei con cui sussistono relazioni storiche. «È un progetto su cui stiamo lavorando anche perché essere visto come un interlocutore europeo per la clientela globale potrebbe diventare sempre più strategico». Certo, aggiungiamo noi, la vera rivoluzione sarebbe riuscire a dar vita al primo soggetto paneuropeo integrato. Un traguardo che appare ancora molto lontano. Per tutti.
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