Ichino e LabLaw ieri a Roma sulla riforma del Lavoro

Il tasso di occupazione italiano è il 56% della popolazione in età lavorativa, a fronte del 69,5% britannico, del 70% svedese e del 66% statunitense (dati Eurostat). Non è che in Italia il lavoro non si trovi, ma lo trovano quasi solo i già occupati: la mobilità è tutta da posto a posto. Chi è fuori dal mercato del lavoro, resta fuori più a lungo che in qualsiasi altro paese evoluto, escluso in questo momento soltanto la Grecia. Con questi dati di scenario, l’incontro promosso ieri a Roma presso Roma Eventi dagli studi Ichino Brugnatelli Ghera e LABLAW, ha rappresentato uno dei più qualificati momenti di riflessione sulla riforma del lavoro dopo l’approvazione definitiva. Flessibilità in ingresso e in uscita, nuova disciplina sostanziale dei licenziamenti e ruolo della nuova Aspi (Assicurazione Sociale per l’Impiego) sono stati i temi al centro del dibattito. Francesco Rotondi (in foto, nominato il 17 ottobre da legalcommunity.it, avvocato dell'anno della prima edizione dei Legalcommunity Labour Awards), partner di LABLAW ha così commentato la riforma: “La riforma risulta apprezzabile per il tentativo, non facile, di mettere mano ad una legislazione che non esprime solamente valore giuridico bensì sociale e culturale. Debbo tuttavia rilevare che essa non è riuscita ad eliminare quei profili di incertezza e di sconfinata discrezionalità che rendono impossibile raggiungere gli obiettivi declinati dalla normativa stessa. Credo che ancora una volta nel processo di elaborazione del disegno normativo si sia persa l’occasione per andare incontro alle reali esigenze di mercato e non mi riferisco all'art.18. Penso ad una concreta e puntuale normativa di inserimento al lavoro, un collegamento virtuoso tra scuola e lavoro, un ripensamento formativo per i meno giovani. Sotto questo profilo reputo la riforma decisamente insufficiente. Altro capitolo delicato è quello relativo alla riforma degli ammortizzatori sociali, che non riuscirà ad operare uno stravolgimento dell'assetto attuale se non coordinata con un adeguato regime sanzionatorio e di controllo”. “Con riguardo al dibattito attuale sul contratto a termine – ha aggiunto Rotondi – si tratta più che di un problema di termini di un problema culturale: il tema è capire se l’Italia intende dare dignità a questo strumento contrattuale. La scommessa è quindi cambiare una cultura d’impresa che non ha ancora compreso a fondo le potenzialità e qualità di questo strumento normativo”. Il professor avv. Pietro Ichino si è soffermato sul nuovo articolo 18, sulla nuova disciplina dei licenziamenti e sul concetto di scarso rendimento del lavoratore. “Fino a oggi in Italia il low performer è stato pressoché inamovibile, in conseguenza dell’incertezza della soglia del difetto di produttività oltre la quale il licenziamento può considerarsi giustificato. Con il nuovo apparato sanzionatorio predisposto dalla riforma, la coniugazione tra procedimento disciplinare e procedimento di licenziamento per motivi economico-organizzativi renderà il licenziamento per scarso rendimento giuridicamente possibile, ed economicamente praticabile in tutti i casi in cui la perdita attesa per effetto del deficit di produttività del lavoratore supererà l’entità dell’indennizzo previsto. Questo favorirà una migliore allocazione delle risorse umane nel tessuto produttivo e conseguentemente un aumento della produttività media”. “Si può discutere – ha proseguito Ichino , sottolineando la rilevanza della questione – se nella perdita attesa che può giustificare il licenziamento rientri o no anche il costo opportunità (ovvero la minore utilità attesa dalla prestazione del lavoratore rispetto alla migliore delle alternative possibili, con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di possibilità di sostituzione del lavoratore con un altro). Si può inoltre discutere se per giustificare il licenziamento sia sufficiente una perdita attesa di qualsiasi entità, oppure sia necessario che la perdita stessa superi una determinata soglia, ma è difficile dissentire su questo punto: il “motivo oggettivo” che giustifica il licenziamento può logicamente essere solo l’attesa di una perdita”. Secondo Ichino le imprese “hanno capito che la riforma avrebbe reso più fluido il sistema, se è vero che nei due o tre mesi che hanno preceduto l’entrata in vigore di questa nuova legge si è registrata una contrazione dei licenziamenti: evidentemente le aziende, dove hanno potuto, hanno preferito collocare il provvedimento nel nuovo regime”.

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