I nuovi trend del mercato legale

di Mario Catarozzo*

Che il XXI secolo si sia aperto all’insegna della globalizzazione con tutto il carico delle implicazioni che questo comporta non è più certo una novità. In particolare negli ultimi anni si sta assistendo alla prima crisi economica globale, nel senso di mondiale, partita oltreoceano e approdata come una sassata sulle coste dell’economia del vecchio continente, con echi sulle economie di tutti i maggiori paesi industrializzati. Una crisi che sta ridisegnando strategie ed equilibri, in un mix di innovazione, fisiologica e necessaria, verso nuovi mercati, nuove fonti energetiche, nuove filosofie più etiche e pulite (in tutti i sensi) perché non si riproponga il black-out di questi mesi. Anche l’Italia sta pagando il suo scotto e con l’italico genio ne verrà fuori, a piccoli passi, ma forse più strutturata e rinnovata. E di rinnovamento si può parlare a pieno titolo anche per uno dei settori professionali più tradizionali del nostro Paese e cioè l’avvocatura, interessata, insieme alle altre professioni, alle novità introdotte dalla Legge di Stabilità di questo autunno che vedrà i suoi frutti entro l’estate 2012. Un rinnovamento che, a ben guardare, potrebbe rappresentare un vero vantaggio per le imprese che si avvalgono dei servizi legali, soprattutto nell’ambito della consulenza, in termini di offerte di servizi più competitivi e altamente qualificati. Partito questo rinnovamento nel 2006 con la riforma dell’allora ministro Bersani sulla liberalizzazione delle professioni e delle tariffe forensi e completato dalla crisi finanziaria internazionale oggi il mercato legale italiano sta ridisegnando nuovi assetti a vantaggio di una maggior competitività del sistema che, se non prenderà derive incontrollate, potrà rappresentare per le imprese italiane una vera opportunità, consentendo alle stesse di poter scegliere tra offerte di servizi legali di maggior qualità e a prezzi più contenuti perché all’interno di una logica di libero mercato. Lo stesso libero mercato che invece fa paura ad una parte dell’avvocatura che, all’opposto, teme la guerra dei prezzi al ribasso con conseguente ribasso anche della qualità dei servizi offerti. È presto per fare bilanci, per ora limitiamoci ad assistere ai nuovi trend di sviluppo di un settore in fermento e che si interseca indistricabilmente con il tessuto economico delle grandi come delle piccole e medie imprese italiane. Da un lato si assiste alla nascita di grandi studi legali d’affari che, sul modello delle law firm anglosassoni, americane e inglesi, approdate sul nostro territorio nell’ultimo ventennio (Clifford Chance, Allen&Overy, Freshfields, Lovells, Linklaters, Backer&McKenzie per citarne solo alcune) si sono strutturati come veri colossi per l’assistenza legale nazionale e internazionale, con dipartimenti dedicati alle singole practice (M&A, corporate, banking&finance, labour, intellectual property, energy, tax, litigation, le principali), con sedi nei principali paesi emergenti (tra cui India, Cina, Sud Est asiatico, Russia, Brasile, Libia, Turchia), spesso facenti parte di network internazionali che ne garantiscono la presenza praticamente in tutte le aree del mondo e l’attività 24 ore al giorno. Parliamo di studi legali con centinaia di avvocati all’interno, iperspecializzati, abituati a lavorare in team e a seguire il cliente anche sui territori internazionali. A ben guardare il mercato legale italiano, tuttavia, il grande studio legale d’affari con centinaia di avvocati, molteplici sedi in tutto il mondo su cui si concentrano operazioni di capital market, M&A, banking&finance non rappresenta ancora ad oggi il modello dominante, nonostante il volume d’affari da essi generato sia di tutto rispetto per l’elevato valore delle singole operazioni trattate. Il modello di studio italiano è ancora caratterizzato da un numero esiguo di avvocati al suo interno – spesso ancora con il solo dominus con la segretaria e il praticante, soprattutto nei centri più piccoli – quasi sempre solo in condivisione di spese, mentre altre volte organizzati in forma associativa professionale. Moltissimi non hanno un proprio sito internet, una brochure dello studio, una rete intranet, non si avvalgono di agenzie di comunicazione. Sono studi molto radicati sul territorio, con solide tradizioni, spesso di generazioni familiari alle spalle, clientela fidelizzata dove il passaparola resta ancora il miglior strumento di marketing. È il nome, il rapporto di fidelizzazione e la fitta rete di relazioni sul territorio a garantire il posizionamento dello studio. Se il modello “boutique” persiste nelle realtà locali, leggermente diverso è il trend a cui si assiste nei centri di maggiori dimensioni e in particolare nelle grandi città dove è in atto un processo evolutivo della professione forense verso forme sempre più organizzate e strutturate, complice da un lato la necessità di riduzione dei costi e dall’altro di aumentare la propria competitività su un mercato in forte evoluzione. Si assiste così alla nascita di strutture legali articolate, con più di una sede e spesso la seconda in aree geografiche strategiche, in cui sono presenti competenze e specializzazioni su specifici servizi legali utili a soddisfare le esigenze di clienti di medie e grandi dimensioni, prima solo appannaggio delle grandi law firm italiane o internazionali. Di conseguenza la strutturazione stile imprenditoriale della professione fa sì che la mentalità in studio sia diversa, sia più vicina a quella manageriale, con una forte leadership competenze comunicative interne allo studio e di marketing verso l’esterno, con uso della delega appropriato e con forti capacità di gestione del tempo e dell’organizzazione di studio. Insomma, accanto alle tradizionali competenze dell’avvocato apprese con gli studi universitari e con la pratica forense oggi diventa indispensabile apprendere nuove attitudini e capacità di tipo manageriale e relazionale per trasformare l’organizzazione di studio in un efficiente team di lavoro.

Formatore e Coach – www.mariocatarozzo.it

 

Scrivi un Commento

SHARE