I giuristi d’impresa al Congresso forense: «Noi ci sentiamo Avvocati!»
A inizio ottobre, si è svolto il Congresso nazionale forense. Nelle pagine di MAG, già si è provato a tirare le somme di quelle che sono le aspettative dell’avvocatura nei confronti della politica, all’alba della nuova legislatura. Una delle note a margine del congresso leccese, che per una fetta della categoria – quella in house – può rivelarsi non proprio marginale, è stata la presenza a una delle tavole rotonde di Giuseppe Catalano, nella veste di presidente dell’Associazione italiana giuristi d’impresa (Aigi). Proprio a lui, MAG ha chiesto un resoconto, per capire l’importanza, tanto simbolica quanto sostanziale, della sua partecipazione allo stesso tavolo degli avvocati con la “A” maiuscola.
Per la prima volta, uno spazio per i giuristi d’impresa al congresso forense: un bilancio di come è andata?
Direi molto bene: penso che l’Avvocatura abbia finalmente preso coscienza del fatto che noi legali d’impresa non siamo una sorta di “concorrente sleale”, ma professionisti che, dopo aver condiviso con i colleghi del libero foro lo stesso percorso educativo, hanno scelto una strada che li ha portati a svolgere il loro lavoro all’interno di una realtà strutturata. Ritengo che sia giunto il momento in cui – per utilizzare le categorie di un famoso giuoco da tavolo – il giurista d’impresa sia visto più come un’opportunità che come un rischio. E sono fiducioso che questo sia stato finalmente percepito.
Cosa significa questa partecipazione per la categoria in house?
Significa, per l’appunto, che l’avvocatura in house può anch’essa fornire il proprio contributo di riflessione nell’immaginare il professionista legale del futuro. Un professionista che, ad esempio, guardi il mondo delle imprese non più come un mero insieme di potenziali clienti, ma come occasione per sviluppare in modo diverso la propria attività. Per far questo, ovviamente, l’azienda va capita anche da dentro e non più solo da fuori: è una “metànoia” necessaria indicata ai professionisti, da ultimo, dal Codice della Crisi.
Può essere considerata una tappa decisiva nella valorizzazione professionale dei giuristi d’impresa?
Non so se decisiva, ma importante sì. Forse sono troppo ottimista, ma ho notato davvero un cambio di passo nei nostri confronti: questo è dovuto sicuramente alla sensibilità della presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi, che ha individuato Aigi come un interlocutore rilevante nel dibattito sul futuro della professione, ma anche ad una presa di coscienza degli avvocati tutti, che si stanno rendendo conto di come sia necessario guardare avanti e non più nello specchietto retrovisore.
Come Aigi, quali temi avete portato nel dibattito? Con quale ordine di priorità?
Noi abbiamo presentato al Cnf il nostro progetto di certificazione, cercando di coinvolgere il massimo organo dell’avvocatura. Il progetto sulla certificazione è la dimostrazione del fatto che i giuristi d’impresa hanno svolto i “compiti a casa”. L’obiettivo resta sempre quello ricevere formalmente quello che ogni giorno ci viene riconosciuto nella sostanza, permettendo ai legali di tutte le imprese, e non solo a quelli degli enti pubblici o delle aziende ex pubbliche, di potersi iscrivere ad un albo professionale ma non per poter sventolare titoli, ma solo per poter avere delle garanzie al fine di svolgere al meglio il proprio lavoro…
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