GOVERNO LIBERALIZZAZIONI E CULTURA
di Aldo Scaringella
Tutti aspettiamo un piano di crescita dal nuovo governo. Un governo, quello guidato da Mario Monti, che pur barcamenandosi tra una serie di difficoltà, quella economico finanziaria italiana e internazionale prima di tutto senza precedenti, quella di di essere appoggiato su un parlamento generalmente indegno di essere definito tale perchè nominato e non eletto e quello di essere arrivato subito dopo il peggior governo degli ultimi 150 anni cresciuto in un clima di propaganda che forse solo i regimi più saldi hanno visto maggiormente imperante, sta provando a portare a termine una manovra, che prima di tutto faccia calare la febbre all'ammalato e poi ridia allo stesso la forza necessaria per rialzarsi e camminare fra gli altri stati con piena dignità. In questa attesa ogni osservatore dice legittimamente la propria opinione. C'è chi prova a chiedere la cosiddetta maggiore equità sulle pensioni senza pensare che ci sarà una generazione, la mia, che pensione non ne avrà. C'è chi prova a chiedere più concorrenza e mercato, giustamente, e scambia le stesse con la privatizzazione di tutto, anche di ciò che con un referendum di qualche mese fa è stato sancito come bene pubblico, l'acqua. Come se il monopolio di un privato fosse meglio di quello del pubblico. Come se il governo di manager privati e mediocri fosse aprioristicamente migliore di quello di manager pubblici e mediocri. C'è chi chiede la patrimoniale, giustamente, c'è chi dice a un governo di ministri del nord che il nord non è rappresentato (osservazione presente nel dibattito pubblico, ma priva, contrariamente a tutte le altre di qualsiasi leggittima dignità). C'è chi chiede l'accordo con la Svizzera, c'è chi chiede i tagli ai costi della politica, e chi li rifiuta, i politici stessi ovviamente. C'è chi chiede la riforma delle professioni e dell'avvocatura, e chi la rifiuta, gli avvocati stessi. Ovviamente. Uno degli studi considerato fino a 6 mesi fa un marchio ormai storicamente consolidato del mercato legale italiano darà l'addio allo stesso, per lo meno come associazione professionale, il 31 dicembre. E' un segno dei tempi straordinario. Avvocati di prima qualità, cresciuti nella quotidianità dei ritmi dei bankers della city e di wall street, parte di quello che gli esperti di marketing definiscono il cluster della legal e financial community, quelli dei bonus e delle nottate con i deal, quelli degli MBA e degli LL.M., quelli degli aperitivi da Nobu, quelli dello sci e della barca a vela, quelli con la casa in “centrissimo” e gli alimenti per le due prime mogli, quelli che speravano, come tutti noi, che il futuro sarebbe stato sicuramente e inevitabilmente migliore del passato, quel mondo oggi ci sembra pieno di macerie e diverso da come lo avevamo immaginato e come era fra le bollicine e il sushi di qualche anno fa. In questo momento di instabilità politico economico finanziaria italiano ed europeo, di legittimità o illegittimità di commenti e opinioni e su tutto e dappertutto, di tristezza per quel mondo di ieri, quello maturato nell'euforia della fine del secolo scorso e che pian piano si è spento nel primo decennio del terzo millennio, forse abbiamo tutti bisogno di un po' più di umiltà, a cominciare da chi vi scrive e che in nome della stessa preferisce oggi non dare giudizi su nulla e su nessuno. Forse è davvero la fine di una civiltà, quella iniziata in quel tante volte ricordato 1492, quando un italiano, seppure non sostenuto dal suo sistema Paese, come al solito, scopri o colonizzò, a seconda dei punti di vista, l'America. Il punto è oggi capire, tutti, senza arroganza e soprattutto senza reciproche ipocrisie, se davvero siamo in questa fase e come affrontare per il meglio quello spazio di tempo che c'è fra ora e l'inizio della prossima civiltà. Non tanto per noi, ma per le prossime generazioni. Con o senza Monti, sicuramente senza questo parlamento e le facce che lo hanno finora popolato, con o senza riforma delle professioni, anche perchè il mercato ha già fatto il suo corso. Provando forse a investire, in ogni settore, in ciò che di più sicuro esista: la formazione degli adulti di domani. Ecco se c'è una cosa da chiedere assolutamente a Monti è questa. Investire in pari opportunità formative per tutti non con più corsi di management, ma con più letteratura, contemporanea moderna e antica, più filosofia e più arte. Contro l'ignoranza generalmente imperante ad ogni livello.