Gli avvocati non possono fare i dipendenti di lusso
La scelta dell’indipendenza. L’adozione di un modello di business che integri il pregio dell’organizzazione con gli stimoli di un’attitudine imprenditoriale alla professione. Perché gli avvocati non sono «manager di lusso». La professione non si fa seduti alla scrivania aspettando che il lavoro arrivi per mano di un collega o del “dominus” di studio. Romina Guglielmentti (nella foto), dopo aver lavorato per cinque anni in BonelliErede, essere passata per lo studio del notaio Marchetti ed essere diventata socia in Santa Maria, ha dato vita a Starclex assieme a Carlo Riganti e in collaborazione con Alberto Mozzi.
Una micro boutique legale che si è imposta sul mercato infilandosi negli spazi aperti del societario, della corporate compliance, della consulenza in materia di corporate governance, del regolatorio bancario, del diritto dei mercati finanziari e delle start up. Il brand ha fatto capolino in operazioni come la quotazione di Axélero e quella di Bomi, la definizione della governance i Lucisano e l’accordo tra Go Internet e Huawei. Gulielmetti, nel frattempo, è stata eletta nei consigli d’amministrazione di Banca Esperia, Servizi Italia, Pininfarina e Tod’s.
La scelta di mettersi in proprio e creare una struttura iperspecializzata è stata una scommessa su di sé e sulla convinzione che esista una terza via alla impostazione più tradizionale degli studi associati. Un modello, racconta l’avvocata in quest’intervista a MAG by legalcommunity.it, in cui ogni legale è chiamato a fare la propria parte. A farsi carico di una quota dei rischi e delle responsabilità che la gestione di uno studio implica. A contribuire all’avviamento della struttura costruendo giorno dopo giorno il proprio business case.
Perché è così importante che ogni avvocato abbia clienti?
Perché altrimenti sarebbe un impiegato. Magari ben retribuito. Magari di lusso. Ma sempre un impiegato. E questo non è più possibile.
Perché?
È un tema di gestione del rischio. All’inizio degli anni 2000, quando l’economia correva ad alta velocità, molti studi legali hanno cresciuto una generazione di professionisti spesso ben remunerati senza che avessero un solo cliente, ma adibiti a svolgere il lavoro originato dai soci più anziani.
E cosa c’entra con la gestione del rischio?
C’entra molto. In certi contesti, lo studio assorbe il professionista e ne diluisce la visibilità. E ciò fa sì che nel caso in cui la struttura non riesca più a mantenere un ritmo di crescita adeguato, la redditività del singolo avvocato sia destinata a ridursi e a non essere più rispondente alle aspettative.
Il che diventa un problema se arriva, com’è accaduto di recente, una crisi…
Come dicevo, molti studi hanno creato una pericolosa categoria di partner formali e non sostanziali. Legali che in realtà erano “manager” e che si sono trovati spesso in seria difficoltà quando si sono visti costretti a riciclarsi sul mercato per effetto della crisi. Troppo avanti con l’età per passare in azienda e senza un proprio portafoglio clienti per mettersi in proprio.
Lei invece…
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