Giuseppe Iannaccone e l’arte di rischiare

“Se non si rischiasse mai nella vita, Michelangelo non avrebbe dipinto il pavimento della cappella Sistina”. La celebre frase di Neil Simon (autore di capolavori come A piedi nudi nel parco e La strana coppia) rappresenta perfettamente la storia professionale del grande penalista, Giuseppe Iannaccone (nella foto). Non solo perché la passione per l’arte dell’avvocato nato ad Avellino nel 1955 e adottato da Milano negli anni dell’adolescenza è famosa nel mondo, ma soprattutto perché la sua storia professionale è stata caratterizzata più e più volte dalla decisione di prendere un rischio.

Se volessimo parafrasare Simon, per parlare di Giuseppe Iannaccone, potremmo dire che “se non si rischiasse mai nella vita, Giuseppe Iannaccone avrebbe praticato il diritto solo per risolvere controversie stradali”.

Pochi lo sanno, infatti, ma i primissimi passi mossi dall’avvocato nella professione hanno anche attraversato le stanze di uno studio specializzato solo di sinistri stradali. «Ero appena tornato a Milano, dopo il militare. L’avvocato dove avevo svolto la pratica prima della leva, Gian Andrea Curradi, era venuto a mancare. Non essendo milanese e non conoscendo l’ambiente avevo il terrore di non trovare un lavoro. Così accettai di andare nel primo studio che me ne offrì uno. Era lo studio di un avvocato che si occupava esclusivamente di incidenti stradali. Per me furono anni difficili. Mi dicevo: se il mio futuro sarà solo questo, allora non voglio fare l’avvocato». Ma uno il proprio destino se lo può costruire. O quantomeno ci può provare. «Così mi dissi – racconta a MAG l’avvocato Iannaccone – : Appena divento procuratore legale, apro il mio studio!».

Comincia così l’impresa di Giuseppe Iannaccone, che oggi guida uno studio associato in cui lavorano una quarantina di persone tra soci (6), collaboratori (17), of counsel, praticanti e staff. Una realtà in crescita (dallo studio non danno cifre di fatturato ma indicano un aumento dei ricavi al ritmo del 10-15% l’anno) che lega il proprio nome ad alcune delle vicende giudiziarie più rilevanti degli ultimi anni: dal crack della Parmalat, al caso degli strumenti finanziari derivati acquistati dal Comune di Milano, da ultimo ottenendo – notizia dei giorni scorsi – la piena assoluzione di tutti gli ex amministratori coinvolti nella bancarotta Snia Spa.

Un’organizzazione professionale sui generis rispetto agli standard più diffusi nel mercato della consulenza in ambito penale, basata anche su solide basi di diritto commerciale e societario che, soprattutto agli inizi, hanno reso l’approccio di Iannaccone a questo settore una novità non facile da decodificare. «A dire il vero – osserva l’avvocato – a rimanere interdetti erano soprattutto i colleghi. I clienti, invece, furono i primi a cogliere l’utilità del doppio approccio». «Ho studiato a fondo il diritto societario e il fallimentare sempre sotto il profilo delle responsabilità e della patologia, perché è sempre stato questo ciò che mi ha affascinato», prosegue. «Alla fine, non mi sono inventato nulla. Le norme penali fallimentari, del resto, stanno proprio nel codice di diritto fallimentare, non in quello penale».

Tra i primi a capire le potenzialità di quello che sarebbe diventato il “modello Iannaccone” fu un professionista che l’avvocato considera il suo mentore morale: Alberto Dall’Ora. «Ero agli inizi. E lui mi disse: tu ti occuperai del penale del futuro». Il grande avvocato, ex  Presidente dell’Ordine di Milano, storico difensore di Enzo Tortora e Vincenzo Muccioli, fu il primo a dare fiducia al giovane Giuseppe Iannaccone, che aveva da poco aperto il suo studio in via Rossini (prendendo in affitto gli spazi dello studio Curradi che la vedova «aveva conservato per me»).

Era il 1982. «Sulla mia scrivania – racconta Iannaccone che all’epoca aveva 27 anni – avevo messo un libro sulle separazioni e uno sulle locazioni. Gli Italiani, mi disse, sono proprietari di immobili e adesso cominciano anche a divorziare: qualcosa succederà».

In effetti qualcosa accadde. Dall’Ora era da poco diventato Presidente dell’Ordine di Milano. Aveva una pratica di locazione difficile da gestire. Mandò a chiamare Iannaccone…

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