Gitti: lateral, nuove sedi e internazionalizzazione
Il talento abbonda nelle stanze degli studi legali. Ma in molti casi giace dimenticato o trascurato. È l’effetto indesiderato di anni e anni di gestione-zero. Anni in cui gli affari giravano “a prescindere” e in cui si poteva far carriera, magari, solo perché si conosceva un po’ d’inglese oltre al diritto. Questo talento o meglio questi talenti cercano spazi per essere valorizzati. Un’occasione da cogliere per le start up legali. Così come per qualunque organizzazione che voglia puntare sul futuro. «Noi vogliamo diventare un hub generazionale», dice a MAG Gregorio Gitti (nella foto), parlamentare e tra i maggiori esponenti dell’avvocatura d’affari degli ultimi venti anni, socio di lungo corso di Carlo Pavesi da cui si è separato a maggio 2015 per dare vita a un nuovo progetto professionale.
Nella sala riunioni affacciata su via Dante a Milano mancano ancora i quadri. Lo studio Gitti and Partners è appena nato, dopo l’uscita di Daniele Raynaud (si veda il numero 60 di MAG). Da pochi giorni il team ha preso possesso degli uffici di questo palazzo. Spazi ampi. Inframezzati da sale riunioni e disimpegni tappezzati di testi di diritto.? «Noi, adesso, abbiamo tre obiettivi», racconta Gregorio Gitti: «Anzitutto fare uno studio che si muova all’unisono con una grande coesione, generosità e solidarietà fra partner e collaboratori; poi realizzare una realtà che abbia estrema competenza nei settori che copre; terzo, avere una organizzazione capace di attaccare tutto, poiché non ci deve essere un deal che non sia alla nostra portata».
Tradizione e contemporaneità sono le due cifre che convivono in questa organizzazione, dove la convinzione che le relazioni siano e resteranno un asset fondamentale per eccellere sul mercato, si accompagna con la certezza che per crescere e dare vita a un modello di successo sia al contempo necessario essere ben organizzati, cercare nuovi spazi, nicchie di mercato di mercato e conservare una struttura di costi più che razionale. Al tavolo ci sono Gitti e Vincenzo Giannantonio, reduci dalla conquista di Setefi al fianco di una cordata di private equity formata da Bain Capital, Advent e Clessidra (gli stessi tre soggetti che un anno fa portarono a casa il deal Icpbi). Un deal da oltre un miliardo di euro, «che ha impegnato circa 20 di noi» raccontano.
Quanti avvocati conta oggi lo studio?
Gregorio Gitti: Siamo circa quaranta persone e abbiamo l’obiettivo di arrivare a cinquanta. Potenziando alcune aree, dopo i recenti rafforzamenti sull’energy.
Quali aree?
GG: Uno dei prossimi arrivi dovrebbe essere quello di un professionista esperto in life science. A cui potrebbe seguire anche quello di un legale con una expertise nell’aerospazio.
Come mai l’aerospazio?
GG: È un settore in cui abbiamo un track record importante e che vogliamo valorizzare. Per esempio, abbiamo lavorato alla ristrutturazione di Alitalia e abbiamo seguito praticamente tutti i passaggi dell’m&a di Avio.
Oltre che per industry pensate anche di rafforzarvi in specifiche aree di pratica?
GG: Stiamo pensando di crescere ulteriormente nel contenzioso che abbiamo avviato con l’arrivo di Alessandro D’Adda, ex Schlesinger. Così come grande attenzione avremo per l’amministrativo societario e l’antitrust.
Quali sono i tempi in cui si compiranno questi lateral hire?
GG: Crediamo di riuscire a completare questo piano di acquisizioni professionali entro la fine di quest’anno. Un paio di risorse sono già state individuate.
Vincenzo Giannantonio: Lo studio d’affari deve avere una litigation di primo livello. E questo anche in ambito finanziario. L’idea è quella di avere un contenzioso di qualità e alta marginalità.
Che profili state selezionando?
GG: La nostra filosofia è quella di una boutique in grado di coprire tutte le practice ma che fonda la propria reputazione sulla elevata qualità del servizio. E questi innesti che stiamo preparando rappresentano profili d’eccellenza.
Anche perché se l’obiettivo è di arrivare a 50 e oggi siete già 40, dovrete prendere figure senior…
GG: Stiamo parlando di un allargamento della partnership a figure di spicco. Ma con un taglio particolare.
Ovvero?
GG: Identificando persone di grande valore e che con il nostro aiuto possano ulteriormente sviluppare le loro potenzialità. Lo studio avrà un taglio giovane. Nel giro di tre o cinque anni ci sarà un fondamentale cambio generazionale sul mercato e noi vogliamo arrivare pronti e coesi.
Cosa state facendo su questo fronte?
GG: Stiamo costruendo un hub generazionale. Anzitutto stiamo selezionando gli avvocati che saranno i protagonisti dei prossimi cinque anni sul mercato.
Da questo punto di vista avete una grande opportunità storica. In molti studi c’è una endemica mancanza di spazi che non consente di valorizzare le risorse più giovani e promettenti…
VG: Che spesso sono quelle che ci contattano.
Cosa offrite?
GG: Ci siamo dotati di uno statuto che vuole favorire i talenti e la coesione. Abbiamo immaginato un sistema di quote e un sistema di incentivi per premiare le performance.
VG: Un sistema di quote predefinito, affiancato a una serie di premialità che non guardano solo al fatturato prodotto ma anche alla partecipazione allo sviluppo dello studio e del benessere dell’organizzazione è ciò che, riteniamo, possa favorire la crescita e questa coesione interna.
Il benessere diventa un target?
VG: In un certo senso sì. Se l’unico parametro su cui si valutano e si giudicano i professionisti è quello dei ricavi generati, inevitabilmente, a lungo andare si creano divisioni e scissioni. L’idea invece è contemperare il benessere economico con il benessere individuale.
Bastano delle regole per realizzare questo?
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