Gig economy, quella svolta “rotondiana” nella trattativa

Come affrontare la nascita di un nuovo settore economico sul piano giuslavoristico? La questione rider, che nei giorni scorsi ha tenuto banco ed è culminata nell’incontro al ministero del lavoro tra il titolare del dicastero, Luigi Di Maio e i rappresentanti delle aziende (vedi l’articolo su foodcommunity), è entrata nell’agenda dei lavori del governo che ha deciso di mettere in cantiere un progetto normativo che regolamenti il comparti tenendo conto delle sue peculiarità.

Una strada che è stata indicata da tempo, all’interno della comunità dei giuristi specializzati in materia di diritto del lavoro, da Francesco Rotondi (nella foto), socio fondatore dello studio LabLaw che, al tema, ha dedicato un intervento sul nuovo numero di MAG (CLICCA QUI E SCARICA LA TUA COPIA).

Nell’articolo in questione, l’avvocato parla chiaro:

….occorre pensare a forme di tutela sanitaria e infortunistica che possano assistere i lavoratori di questo settore; ma non pensare di creare una sorta di sovvenzione per istituti o casse in affanno attraverso la cannibalizzazione di un’imprenditoria innovativa, utile ma non certo ricca.

 

In effetti la decisione di studiare un approccio ad hoc alla materia sembra aver determinato la virata del ministro Di Maio che, nei giorni che hanno preceduto l’incontro, sembrava essere orientato a risolvere la questione rider e gig economy applicando tout court gli schemi normativi del lavoro subordinato inteso nel modo più tradizionale.

L’adozione di un approccio rotondiano alla questione sarebbe stato propiziato dal supporto che già in sede regionale, l’avvocato avrebbe dato alla IV Commissione Lavoro della Lombardia per la gestione del fenomeno. Il prossimo 5 luglio, a tale proposito,  dovrebbe esserci un incontro tra Regione e aziende mirato a definire un accordo programmatico che detti delle regole condivise per il settore e che, in assenza di una legge, possa indicare dei paletti alla condotta dei player del settore. Un primo passo da cui possa, poi, essere propiziata una legge nazionale.

Un po’ come in queste ore ha fatto la Regione Lazio che si è attivata per fissare delle regole sul lavoro on demand che prevedano un salario minimo, da individuare attraverso la contrattazione collettiva, più sicurezza sul piano assicurativo, previdenziale e per la salute. Inoltre sarà rivisto il «cottimo». Sono previste la manutenzione dei mezzi e le indennità per particolari giorni o orari di lavoro. La legge voluta dal presidente Nicola Zingaretti prevede anche una futura Anagrafe del lavoro digitale a cui potranno iscriversi aziende e lavoratori per ottenere ulteriori benefit.

Insomma, per la gig economy ci sarà una normazione che parte dal “basso”, dal territorio, dagli operatori. Una regolamentazione che terrà conto delle peculiarità di un settore che non può essere gestito secondo schemi Novecenteschi.

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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