Gattai Minoli Agostinelli: l’intervista tripla

Cinque anni, nei manuali di economia, sono il tempo che serve a una start up per maturare e capire se sarà in grado di reggere il mercato, crescere e diventare una storia imprenditoriale di successo.

A cinque anni di distanza dalla sua partenza, lo studio Gattai Minoli Agostinelli può archiviare la propria condizione di start up declinando le cifre di quanto realizzato.

L’associazione, partita nel 2013, oggi conta quasi cento professionisti (un terzo dei quali sono donne), 24 partner, 31,2 milioni di fatturato e 29,1 di incassato con una struttura dei costi contenuta entro il limite del 40% che consente all’organizzazione di investire annualmente il 3% in attività di ricerca e sviluppo.

«Quello che abbiamo fatto mi ha dato orgoglio e gioia» dice Bruno Gattai nell’intervista tripla fatta per MAG assieme ai suoi name partner Luca Minolie Riccardo Agostinelli che potete guardare cliccando nel riquadro in pagina. «Se riusciremo a restare coesi, non ci fermerà nessuno».

 

 

Sono parole che lasciano percepire una profonda soddisfazione. Sentimento più che giustificato da un anno in cui lo studio è tornato ad affiancare il proprio nome a quello dei grandi deal. Solo pochi giorni prima della visita con MAG, Gattai ha guidato la squadra dello studio che ha affiancato Cvc nell’acquisizione del 51,8% del gruppo farmaceutico Recordati. Una delle operazioni di m&a più importanti dell’anno, se non la più importante.

Questo momento sancisce la maturazione di un progetto professionale che ha definitivamente trovato la sua identità. Partito come organizzazione che si sarebbe dovuta reggere esclusivamente su tre settori core (corporate m&a, finance e litigation) oggi lo studio Gattai Minoli Agostinelli è una super boutique full service, capace di coprire ogni area tipica di una law firm d’affari senza avere dimensioni elefantiache.

«L’opportunità di partire cinque anni fa – racconta a margine dell’INTERVISTA TRIPLA Gattai – ci ha consentito di costruire uno studio con dimensioni adeguate alle caratteristiche attuali del mercato italiano». Il che, tuttavia, non significa che lo studio non abbia intenzione di crescere ancora. «Abbiamo bisogno di nuove risorse – prosegue Gattai – perché ormai non riusciamo più a stare dietro al lavoro che ci arriva. È stato sempre così». Servono nuovi avvocati. Giovani innanzitutto. Quanto a nuovi soci, invece, Gattai non ritiene che lo studio abbia particolari necessità. Ogni lateral di partner, in passato, è stato concepito e realizzato per coprire aree in cui l’organizzazione non era presente. «Oggi – osserva il managing partner – abbiamo una copertura completa. Potremmo, però, pensare a rafforzare un paio d’aree ancora poco presidiate da noi ma con grandi potenzialità. Penso all’amministrativo e al real estate».

Insomma la squadra continuerà a crescere «anche se non diventeremo mai uno studio di 350 persone». Eppure, quando gli si chiede quali siano i competitor diretti di Gattai Minoli Agostinelli, Bruno Gattai non esita a indicare le grandi insegne del magic circle italiano. «Le dimensioni non contano – ribadisce – e poi pensi agli Stati Uniti: realtà come Cravath hanno dimensioni molto più contenute di colossi come White & Case o Latham & Watkins eppure non solo sono loro concorrenti diretti ma godono di un prestigio persino superiore».

Fatto sta che gli uffici milanesi di via Manzoni, all’interno di Palazzo Gallarati Scotti, non sono più sufficienti a ospitare tutti i professionisti dello studio. E non a caso, alla domanda su dove vede tra un anno lo studio, Gattai risponde con una battuta: «In un’altra sede». L’indirizzo è ancora top secret, ma secondo quanto appreso da MAG dovrebbe trattarsi di un palazzo in via…

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