Fornari e Associati ottiene il rigetto dell’estradizione in Iran

L’avvocato Giuseppe Fornari (foto), fondatore dello studio Fornari e Associati, guidando un team composto dal partner Lorena Morrone e dal trainee Gregorio Casoni, ha ottenuto dinanzi alla Corte d’Appello di Milano il rigetto della richiesta di estradizione formulata dalla Repubblica Islamica d’Iran, in un’importante sentenza che sancisce i fondamentali princìpi cui si deve informare il rapporto tra Stati in procedimenti estradizionali.

L’assistito, un noto uomo d’affari del settore real estate, era stato arrestato in Italia ad agosto e sottoposto a misure cautelari, revocate poco dopo dalla Corte d’Appello di Milano in accoglimento delle istanze difensive del team di Fornari e Associati, cui si era associata poi anche la Procura Generale.

L’uomo è accusato di frode e “complicità in interruzione di ordini monetari internazionali”, per aver “tentato di perturbare l’equilibrio del sistema economico del Paese”, mediante operazioni asseritamente fraudolente e corruttive e per un ammontare sottratto di 10 mila miliardi di Rials iraniani (oltre 200 milioni di euro).

Nel rigettare la richiesta di estradizione, si legge in una nota dei difensori, la Corte ha convenuto con la difesa in merito al concreto rischio per l’estradando di venire sottoposto a pene e trattamenti inumani nell’istituto penitenziario iraniano, evidenziando che le garanzie fornite dall’Iran sul punto “si appalesano non sufficientemente specifiche a superare, nel loro complesso, gli elementi documentati dalla difesa”.
Non solo, ma la Corte attribuisce espressa rilevanza al mancato rispetto delle garanzie del giusto processo e del principio di legalità, rilevando come nella domanda di estradizione risulti del tutto assente la parte motiva in ordine alle prove a carico della persona richiesta e come “non si precisano né emergono dagli atti i tempi e modi dell’esercizio del diritto di difesa, né se sia riconosciuto alla persona richiesta il diritto di nominare un difensore di sua fiducia. Non si precisa se il diritto di difesa sia tutelato anche mediante la possibilità di un contraddittorio delle parti anche nella formazione della prova davanti al giudice”. Pertanto, secondo l’organo giudicante, risultano “insuperate le documentate allegazioni difensive, secondo le quali le autorità dello Stato richiedente limitano regolarmente l’accesso dei detenuti all’assistenza legale, in particolare durante il periodo iniziale delle indagini”. Sorprendentemente, inoltre, sottolineano gli avvocati dello studio Fornari in una nota, la pena massima indicata dall’Iran nella propria richiesta (pari a ben dieci anni), non trova corrispondenza in nessuna delle pene massime previste dagli articoli che si assumono violati, così dimostrando l’apoditticità del computo riferito dallo Stato richiedente.
A fronte di questo “la difesa ha svolto e documentato specifiche allegazioni in tema di irrogazione di pene corporali (a partire dalle frustate, fino ad amputazioni) ai colpevoli di violazioni d’illeciti, anche contro il patrimonio come il furto, riconosciuto nello Stato richiedente come dotati di valenza religiosa”, così dimostrando il concreto rischio che l’assistito, se estradato, sarebbe esposto all’esecuzione di pene che non risultano previste dalla legge per i reati per i quali si procede a suo carico, con grave violazione dei diritti fondamentali della persona consacrati dagli artt. 25 Costituzione della Repubblica Italiana, 49, comma 1, secondo periodo, 49, comma 3, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 5 e 6 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani.

L’avvocato Fornari si è detto «soddisfatto del risultato raggiunto, che dimostra che anche nel procedimento estradizionale non possono ridursi le garanzie del giusto processo. Verso Stati che ricorrono di frequente allo strumento penale contro la libera iniziativa economica, è importante rispondere con chiarezza che il giusto processo e l’esercizio del diritto di difesa non sono derogabili».

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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