Finanza e studi legali: uno Stato Ue può dire di «no». La sentenza dell’Ecj accende il dibattito
Stavolta, il principio del laissez faire è stato affermato “al contrario”. Almeno in apparenza. Non in favore del mercato, ma della libertà di uno Stato membro della Ue di legiferare su una data materia in senso restrittivo. Vietato vietare la presenza d’investitori puramente finanziari nelle società di capitali? Tutt’altro. La Sentenza della Corte di Giustizia Europea (Ecj) nella causa C-295/23 va in ben altra direzione e afferma che:
Uno Stato membro può vietare la partecipazione di investitori puramente finanziari al capitale di una società di avvocati. Una siffatta restrizione della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali è giustificata dall’obiettivo di garantire che gli avvocati possano esercitare la loro professione in modo indipendente e nel rispetto dei loro obblighi professionali e deontologici.
IL CASO
La pronuncia è arrivata dopo che la società di avvocati tedesca Halmer Rechtsanwaltsgesellschaft aveva impugnato, dinanzi al Consiglio di disciplina degli avvocati del foro di Baviera (in Germania) una decisione dell’Ordine forense di Monaco di Baviera, del 9 novembre 2021, che ne aveva disposto la cancellazione dall’albo per il fatto che una società a responsabilità limitata austriaca aveva acquisito il 51% delle quote sociali a fini puramente finanziari.
Secondo la normativa tedesca vigente all’epoca solo gli avvocati e i membri di determinate professioni liberali potevano diventare soci di una società di avvocati.
Il Consiglio di disciplina degli avvocati del foro di Baviera ha chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla compatibilità di tale normativa con il diritto dell’Unione. E la Corte ha risposto che il diritto dell’Unione e, per l’esattezza, la libera circolazione dei capitali e la direttiva sui servizi che concretizza la libertà di stabilimento, non ostano a una normativa nazionale che vieta il trasferimento delle quote sociali di una società di avvocati a un investitore puramente finanziario e che prevede, in caso di violazione di tale normativa, la cancellazione della società dall’albo.
Questa restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali è giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Infatti, uno Stato membro ha il diritto di ritenere che un avvocato non sia in grado di esercitare la sua professione in modo indipendente e nel rispetto dei suoi obblighi professionali e deontologici qualora appartenga a una società in cui taluni soci siano persone che agiscano esclusivamente come investitori puramente finanziari, senza esercitare la professione di avvocato o un’altra professione soggetta a norme analoghe. Una restrizione siffatta non eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito.
EFFETTI
La pronuncia sta facendo molto discutere anche perché sembra mettere in discussione l’attitudine pro mercato e talvolta turbo liberista dell’Europa attribuita da molti osservatori e portatori d’interessi alle istituzioni di Bruxelles.
Il principio affermato riconosce agli Stati membri la possibilità di decidere se, come e quanto, autorizzare la presenza di soci investitori all’interno di società tra avvocati che diventa, così, una questione politica. In Italia, lo ricordiamo, questa presenza è consentita (al cosiddetto socio di capitale) entro e non oltre il limite del 30%. Ma se le cose dovessero cambiare per effetto di una legge più restrittiva che arrivasse persino a vietare in toto la presenza del socio finanziario, la cosa sarebbe del tutto legittima ovvero non incompatibile con il quadro normativo dell’Unione.
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