FERMIAMO IL DECLINO
di Aldo Scaringella
Nei giorni scorsi un gruppo di professionisti, tra i quali Alessandro De Nicola, senior partner dello studio Orrick e presidente della The Adam Smith Society, guidati da Oscar Giannino, ha pubblicato il manifesto Fermiamo il declino.
Manifesto ovviamente fatto bene, ben pensato e ben articolato, partorito da menti ben più eccelse del livello medio dei nostri parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e comunali, e in generale della nostra classe dirigente politica. Finalmente qualcuno si è svegliato e meritoriamente ha buttato giù un aggregato di idee fra loro coerenti, idee sulle quali si può aprire un dibattito serio lontano dallo stile da cortile dei troppi talk show televisivi animati dai tanti Gasparri.
Quello che però mi rende scettico nella lettura di questo manifesto e nelle sue proposte è da una parte una mancanza e dall'altra una presenza troppo forte.
Veniamo alla mancanza: uno dei problemi fondamentali del paese è l'impotenza delle regole nel fare deterrenza contro i reati. Questo è un paese in cui ancora chi sbaglia, lo fa sapendo di poterla fare franca. E questo aspetto non riguarda solo la giustizia e la magistratura, ma riguarda ogni nostro piccolo comportamento, dal parcheggio in doppia fila alla leggerezza con cui confondiamo regole e consuetudini.
La presenza ipertrofica è invece quella di tracce pesanti di neo liberismo. In un'epoca in cui stiamo scontando l'incapacità della politica mondiale di regolamentare i mercati, proponiamo più liberismo? Abbiamo bisogno di politiche di regolamentazione e direzione dei mercati molto piu' forti di quel che abbiamo avuto fino ad ora. Abbiamo bisogno, nel paese della frammentazione e dell'ognuno per sé, di più sistema. Di un sistema paese che sostenga il merito e la concorrenza, ma non ne abbandoni la vigilanza ai privati. Che permetta mercati aperti, ma che non abbandoni quel bene comune che è la proprietà di aziende pubbliche, grandi, imponenti e gestite con logiche di ottimizzazione ed eccellenza dei risultati, senza obbligo di profitto e con la possibilità di ridistribuire ricchezza con politiche retributive generosamente meritocratiche. Di un sistema che non confonda le liberalizzazioni con le privatizzazioni. Perché privatizzare i monopoli di stato è molto peggio di avere monopoli statali. E allora prima bisogna liberalizzare i mercati e poi, avendo fissato regole e paletti stretti, si può pensare, con intelligenza di privatizzare. Di un sistema che faccia pagare le tasse a tutti per poi farne pagare di più a chi ha più reddito e di meno a chi vive con poco.
C'è insomma in questo manifesto e nelle sue proposte l'idea di una società futura sempre più polarizzata. Contraria a ciò che è la nostra vecchia cara cultura europea in cui oltre che due guerre mondiali sono nate anche le grandi vere democrazie, basate sui diritti e sui doveri, sul lavoro, sulle regole e su un progetto sociale fondato su una classe media forte ed efficiente, sull'eliminazione progressiva della povertà e su pochi ricchissimi, ben individuati, e fortemente responsabilizzati in termini di politiche fiscali.
E allora cari amici che avete pensato e poi aderito a questo manifesto. Giusto provare a fermare il declino, ma proviamo, se lo volessimo, a ragionare su un'idea di società coerente con la cultura europea e un pò più impegnativa e socialmente responsabile di un neo liberismo spinto e deregolamentato.