Falsitta nella prima “voluntary disclosure” di criptovalute al fisco
In data 13 ottobre 2022 a Milano, presso l’Agenzia delle Entrate di Milano e con i rappresentati della Direzione centrale – Settore contrasto illeciti (Ucifi) si è concluso il contraddittorio del primo accertamento volontario per la regolarizzazione di un capitale costituito integralmente da criptovalute.
L’operazione, senza precedenti in Italia, è stata concepita e seguita da Vittorio Emanuele Falsitta (nella foto), alla guida della squadra di professionisti dello studio legale VEF&Partners, congiuntamente a funzionari e dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, è stata provocata da Decentra – Accademia dei Registri Distribuiti di Bologna, nella persona del presidente Fabrizio Tonelli, che ha fornito un caso pilota.
L’opportunità della voluntary disclosure
Il procedimento in questione prevede che un soggetto possessore di criptovalute, mai dichiarate al fisco, chieda all’Agenzia delle Entrate, in maniera volontaria e spontanea, di essere sottoposto ad accertamento fiscale per poter entrare a pieno titolo nella legalità e così disporre liberamente delle proprie risorse economiche.
Questo procedimento ‘sperimentale’ ha consentito di collaudare un percorso pensato da una revisione della ben nota voluntary disclosure, dalle norme che regolano l’accertamento tributario e stabili principi di diritto presenti nell’ordinamento.
Un simile sistema premiale permetterebbe in teoria non solo l’emersione delle criptovalute accumulate negli anni e il riconoscimento di un loro valore fiscale certo, ma offrirebbe la possibilità di dare avvio a un immediato e vasto prelievo di finanza pubblica e alla creazione di nuove basi imponibili (le cripto, assolte le imposte, verrebbero investite). Solo in Italia, infatti, il mercato delle valute digitali avrebbe raggiunto nel 2022 un valore di oltre 22 miliardi.
Falsitta: “Non risanare il passato inibisce l’ingresso nel futuro”
Queste le parole di Vittorio Emanuele Falsitta di VEF&Partners: “Una efficace disciplina giuridica per le criptovalute implica, necessariamente, l’emersione legale dei patrimoni accumulati in passato. Non risanare il passato inibisce l’ingresso nel futuro, impedisce alla ricchezza accumulata di frequentare i circuiti dell’economia reale, innovarla, farla crescere”. Il suo auspicio, si legge nella nota stampa diffusa dallo studio, è che il legislatore possa cogliere quest’occasione per raccogliere dal campo elementi di conoscenze e spunti per costruire un’efficace disciplina fiscale che, data la consistenza del fenomeno criptovalute, non sarebbe più procrastinabile.