Equo compenso? È un ritorno ai minimi
Indietro tutta. Il titolo della celebre trasmissione televisiva della premiata ditta Arbore-Frassica calza a pennello. Ma qui non parliamo di satira. Bensì di politica forense e mercato. L’equo compenso riservato ai professionisti potrebbe presto diventare realtà. Un emendamento alla Legge di Bilancio, a firma Nunzia De Girolamo (FI), stabilisce che i parametri per la retribuzione di avvocati, commercialisti e altri appartenenti a professioni ordinistiche, dovranno diventare un punto di riferimento vincolante per banche, assicurazioni, grandi imprese e pubblica amministrazione.
Stop al gioco al ribasso. Basta soprusi da parte dei grandi clienti. Il “prezzo” di ogni prestazione dovrà essere «conforme» ai parametri e non più limitarsi a tenerne conto. Per il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, questo emendamento «pone fine allo sfruttamento del professionista».
Si tratterebbe, se la norma dovesse davvero vedere la luce, di un cambio di passo rilevante rispetto alle dinamiche di mercato degli ultimi dieci anni, impattate pesantemente dall’abolizione dei minimi tariffari imposta nel 2006 dalle lenzuolate di bersaniana memoria.
Di fatto si tratterebbe di un ripristino di questi minimi proprio in virtù del fatto che i parametri smetterebbero di essere un termine di rifermento per diventare un termine vincolante. Si tratterebbe, peraltro, di un vincolo retroattivo.
Gli unici a non essere vincolati ai parametri, per il momento, dovrebbero restare i privati cittadini e le pmi.
Se Dl fiscale aveva aperto la porta all’equo compenso, la Legge di Bilancio potrebbe spalancarla con buona pace dell’Antitrust che sul punto ha sottolineato come queste norme violino inequivocabilmente i principi concorrenziali (leggi qui).