ECCO PERCHE IL LABOUR NON E PIU LELDORADO
di nicola di molfetta
Ad ogni azione, corrisponde una reazione, uguale e contraria. Espansione e contrazione. Boom e sboom. La terza legge della dinamica, è la prima del mercato legale. Quello che negli scorsi anni abbiamo visto accadere nell’energy, oggi si sta verificando nel labour. Dopo l’assalto alla diligenza, in cui tutti hanno investito in questo settore che per la propria anticiclicità sembrava l’eldorado per gli avvocati rimasti a secco di operazioni straordinarie sul versante finanziario e societario, oggi sembra avviata la stagione della SELEZIONE.
Questo significa che alcune boutique, nate nei giorni ruggenti della crisi, chiudono per essere assorbite da grossi studi multipractice. Molte, tra le law firm attive in diverse aree di specializzazione ridefiniscono gli organici dei loro dipartimenti di diritto del lavoro. Gli studi specializzati in questo settore, ridefiniscono la loro organizzazione per darle un assetto coerente con i propri obiettivi di redditività. Mentre altre boutique creano joint venture con studi multidisciplinari o altre strutture specializzate nel diritto amministrativo ovvero in quello societario. Ma com’è possibile che nel labour non si facciano più affari d’oro? Che sia davvero finita la crisi?
Ovviamente la risposta non è questa. Tante aziende continuano ad annaspare. Le ristrutturazioni aziendali sono all’ordine del giorno. Ma ci sono due fattori che stanno pesando molto sui business model concepiti nella fase galoppante della recessione. Il primo è che gran parte di coloro che, per esempio, si occupano di ristrutturazioni aziendali sono arrivati al terzo o quarto giro di tagli. Un’impresa che in italia contava 4.000 addetti solo tre anni fa e oggi ne conta a malapena 400, pur restando cliente dello studio è in grado di “garantire” un fatturato molto meno cospicuo. Semplicemente, dà meno lavoro. Il secondo elemento è legato alla concorrenza che gli studi legali stessi si sono fatti giocando al ribasso sulle parcelle. Accordi di assistenza continuativa annuale chiusi persino sotto i 10mila euro hanno portato molti operatori a lavorare in perdita, ingaggiando una gara di resistenza con i concorrenti dalle spalle meno larghe o considerati tali. Il punto è che questa marcia per la conquista del settore si sta rivelando più lunga del previsto e il bisogno di recuperare redditività si sta facendo sentire in modo sempre più impellente.
Ce n’è per molti, ma non per tutti. La lezione è sempre la stessa. Lo è stato per l’energy dopo l’abbuffata al gran buffet delle rinnovabili, lo è per il labour. E c’è già chi prevede che il prossimo comparto a registrare una grossa ondata di accorpamenti, separazioni e riorganizzazioni, sarà quello fiscale.
*nicola.dimolfetta@legalcommunity.it
@n_dimolfetta
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