ECCO COSA CI RESTA DEL 2013

Pronti alla ripartenza. Il 2013 è stato forse l’anno più difficile dall’inizio della crisi. E gli studi legali d’affari hanno cercato di cavalcarlo provando a gettare le basi della propria organizzazione futura. Le grandi operazioni sono state davvero poche. E allora gli sforzi si sono concentrati sulla revisione della governance delle strutture, così come sulla rimodulazione della propria offerta di servizi e prodotti, nonché sulla definizione di nuove alleanze. Perché il primo vero grande dato che si può riportare a consuntivo dell’anno che si chiude è questo: nulla è più come prima.

Il 2013 è stato il quinto anno di crisi consecutiva per l’Italia. La recessione, per ora, rischia solo di trasformarsi in stagnazione. Gli ultimi dati sul Pil sono eloquenti: l’Istat dice che nel terzo trimestre dell’anno è “salito” a zero. Meglio del segno meno che ci ha accompagnati negli ultimi due anni.

Ma questo non può che essere un punto di partenza. Tradotto, non c’è ancora nulla da festeggiare. Perché l’inseguimento della ripresa non è ancora finito. E per centrare l’obiettivo, anche gli studi legali devono attrezzarsi e tenere a mente 10 parole.

Si comincia da SELEZIONE: uno dei dati più significativi emersi durante la conferenza Legal Futures, da poco tenuta a Londra, è che entro il 2020 dal mercato sparirà uno studio legale su quattro e un avvocato su cinque.

Questo significa che è venuto il momento delle SCELTE STRATEGICHE: gli operatori del settore sono chiamati a decidere in che modo e con quali obiettivi organizzare i propri studi. Chi ha fatto una scelta di specializzazione, come molte delle boutique nate negli anni scorsi ha già intrapreso questo cammino; più in difficoltà appaiono i grandi studi.

Perché la verità è che serve una MULTIDISCIPLINARITA’ ORGANIZZATA: non basta più dire faccio o vendo tutto. Chi compra servizi legali ha esigenze precise e pretende un’assistenza adeguata a prezzi di mercato.

Lo spettro del DUMPING è dietro l’angolo: molti professionisti hanno accettato di lavorare in perdita producendo un danno significativo non solo al proprio conto economico ma a quello di tutto il sistema.

Cedere alla pressione sulle parcelle è un atto di debolezza che ha penalizzato soprattutto chi da sempre ha lavorato nel MID MARKET. E’ qui che i grandi studi sono venuti a cercare di recuperare un po’ di fatturato offrendo tariffe da saldo anche per lavoro che un tempo avrebbero rifiutato con sdegno.

Tornare indietro, a questo punto, sarà difficile. E richiederà soprattutto una forte azione di MARKETING: non c’è più spazio per l’improvvisazione. Il posizionamento giusto nei prossimi anni sarà il fattore che farà la differenza tra lo studio legale che chiude e quello che cresce.

È per questo che bisogna avere una STRATEGIA: non basta più fare gli avvocati, ma bisogna diventare imprenditori legali capaci di organizzare il proprio studio in modo efficiente e strutturare la propria offerta in maniera efficace, non più solo basandola su aree di pratica ma anche su specifiche industry.

Ma fare impresa significa anche avere una ORGANIZZAZIONE FINANZIARIA: molti studi sono in affanno perché schiacciati dal peso dal peso di un’esposizione bancaria eccessiva e dalla difficoltà di farsi pagare dai clienti.

Quella che si ha a portata di mano è una grande OCCASIONE: i clienti non scelgono più a chi affidarsi in base al brand (sia esso il nome di un professore o l’insegna di uno studio) ma sono tornati a cercare i professionisti da cui pretendono qualità e costi sostenibili.

Un dato appena diffuso da Peppermint Technology non va ignorato: il 66% degli operatori economici si aspetta un AUMENTO DELLA SPESA IN SERVIZI LEGALI nel corso dell’anno. E il 59% intende lavorare anzitutto con avvocati che già conosce piuttosto che andare in giro a fare lawyer shopping.

 

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