Il diritto di proprietà intellettuale per la protezione delle creazioni di moda
di Elena Varese, Sofia Barabino e Valentina Mazza – Dla Piper
Grazie al riconoscimento a livello mondiale della moda italiana, la disciplina del fashion law, dove la proprietà intellettuale gioca un ruolo da sempre preminente, attira sempre più l’attenzione degli operatori del settore, degli accademici e della giurisprudenza.
Il manuale “Moderecht“, edito da C.H. Beck, tratta molteplici problematiche giuridiche legate alla fashion industry, sia dalla prospettiva del diritto tedesco, sia delle principali giurisdizioni del mondo. Per i capitoli dedicati all’Italia abbiamo scelto due tematiche particolarmente discusse e attuali a livello nazionale: la tutela delle forme delle creazioni di moda e il ruolo dei marchi patronimici nel settore fashion.
Nel capitolo “The protection of shapes in the fashion industry: problems and perspectives” esaminiamo ciascun diritto di proprietà intellettuale utile a proteggere le creazioni di moda, analizzando i relativi vantaggi e svantaggi. La tutela delle forme è uno dei temi su cui la fashion industry si è più concentrata, oltre che uno degli ambiti in cui il diritto industriale ha vissuto – anche in tempi recenti – i più intensi processi di trasformazione.
Come noto, la medesima forma può essere protetta da diversi diritti di proprietà intellettuale. In concreto, tuttavia, chi aziona tali diritti deve necessariamente confrontarsi con i requisiti richiesti dalla giurisprudenza nazionale e internazionale per la valida proteggibilità delle forme. Tali requisiti variano a seconda del diritto azionato e sono capaci di influenzare in maniera significativa le scelte strategiche delle aziende e dei loro consulenti nella selezione della tutela di volta in volta più appropriata.
Per la protezione dei capi di abbigliamento, i diversi diritti di proprietà intellettuale a cui si può fare appello sono: la legge sul copyright, il design, il diritto di marchio e la concorrenza sleale.
Per quanto riguarda la legge sul copyright, la forma delle creazioni di moda può essere protetta come opera intellettuale ai sensi dell’art. 2 n. 10 della legge italiana sul diritto d’autore, a condizione che possieda creatività e valore artistico.
Il design è senza dubbio lo strumento più efficace per la protezione di un capo di abbigliamento, in quanto pensato proprio per proteggere l’aspetto estetico di un prodotto industriale, anche grazie allo strumento del design multiplo, che consente di depositare simultaneamente più prodotti.
Il diritto di marchio può essere utilizzato, a certe condizioni, per proteggere le forme che siano indicatrici di una univoca origine imprenditoriale.
In assenza di diritti registrati o validamente azionabili, le case di moda hanno spesso utilizzato la tutela dalla concorrenza sleale. I casi più ricorrenti sono quelli di imitazione della forma o dello stile di abbigliamento e accessori, in presenza di forme capricciose non necessitate da una funzione tecnica.
Le nuove tendenze della giurisprudenza relative al diritto d’autore e all’interpretazione del requisito del valore artistico, in assenza della registrazione di creazioni di moda come marchi o design, tendono ad includere i capi di abbigliamento e gli accessori più iconici delle case di moda all’interno delle creazioni protette da copyright. Allo stesso modo, in futuro potrebbe esserci più spazio per invocare le regole sulla concorrenza sleale quando c’è un’imitazione di stilemi distintivi di una determinata maison (si pensi ad esempio, ai pattern di Missoni).
Nel capitolo “Patronymic Trademarks in the Fashion Industry” forniamo alcune linee guida per gli operatori del settore, al fine di chiarire i limiti previsti per l’utilizzo del patronimico come marchio per contraddistinguere le creazioni del brand.
L’identificazione degli articoli di moda con i loro designer spiega perché nel settore della moda sia così comune usare il nome dello stilista come marchio. Tuttavia, l’uso dei marchi patronimici è questione alquanto controversa. In particolare, la giurisprudenza italiana ha affrontato il tema in occasione delle numerose acquisizioni di aziende di moda italiane, per determinare la possibilità che lo stilista fondatore del brand potesse continuare ad utilizzare o meno il proprio nome come marchio, anche a seguito del processo di acquisizione.
In tal caso, occorre bilanciare due interessi opposti: i diritti esclusivi del proprietario di un marchio patronimico e il diritto di un soggetto cha ha il medesimo nome di utilizzare tale segno per descrivere la paternità dei suoi prodotti. Nel nostro contributo illustriamo come questo equilibrio si sia modificato nel corso degli anni, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi normativi a livello europeo.