Dentons: dieci anni in Italia. Sutti: «Così la business proposition ha fatto la differenza»

di nicola di molfetta

Dieci anni fa Dentons approdava in Italia con un progetto “greenfield” che, all’epoca, sembrava una sfida azzardata. Era il 5 ottobre 2015 quando lo studio internazionale apriva il suo primo ufficio a Milano, in via Sant’Orsola, con 15 professionisti — di cui 7 soci — guidati da Federico Sutti, già protagonista della crescita di DLA Piper nel nostro Paese. Oggi, a distanza di un decennio, i numeri raccontano una parabola di crescita che ha pochi eguali nel mercato legale italiano: 166 professionisti, 35 soci equity e un incassato che nel 2023 ha toccato quota 70,7 milioni di euro, con una media ricavi per professionista in linea con i grandi player domestici.

«Avevamo l’idea giusta», spiega Sutti, fondatore e country managing partner di Dentons in Italia. «Il mercato offriva uno spazio: creare uno studio internazionale full service che potesse competere con gli studi italiani, sfruttando la piattaforma globale, ma con la flessibilità di decidere localmente tariffe, compensi, e strategie». Una ricetta che ha convinto fin da subito soci di primo piano quali Andrea Fiorelli, Stefano Speroni (dal primo luglio 2020 è Director Affari Legali e Negoziati Commerciali di Eni), Alessandro Dubini e Alessandro Fosco Fagotto, disposti a scommettere senza minimi garantiti.

Una crescita costante

Dopo l’apertura milanese, nel luglio 2016 arrivò Roma, prima in via Bertoloni, poi nel 2017 nell’attuale sede di via XX Settembre. Sempre nel 2017 fu inaugurata anche la nuova sede milanese in Piazza Affari, nel cuore finanziario della città, a testimonianza di un radicamento ormai consolidato.

Dal 2018 Dentons è diventato ufficialmente uno studio full service e ha superato quota 100 professionisti. I numeri sono cresciuti con continuità: dai 13,2 milioni di incassato del 2016 ai 25,6 del 2017, fino ai 59,8 del 2022 e al picco di 70,7 milioni nel 2023. Parallelamente, i partner sono passati dai 7 del 2015 ai 35 equity del 2025, con un’espansione costante delle practice.

Il modello diverso

Secondo Sutti, che MAG ha incontrato per ripercorrere il decennio, la forza di Dentons in Italia è stata la capacità di distinguersi rispetto agli altri studi internazionali: «Molti si sono basati su un portafoglio di clientela globale, rimanendone dipendenti. Noi, invece, ci siamo posti l’obiettivo di competere con i domestici, puntando prevalentemente sull’origination individuale dei soci».

Un approccio che ha consentito allo studio di crescere con più agilità, pur senza il traino dei referral tipici dei grandi studi americani e inglesi. «Per certi versi questo resta un limite», ammette Sutti, «perché alcune grandi operazioni passano inevitabilmente dai top player globali. Ma la nostra flessibilità ci ha permesso di raggiungere il livello giusto in termini di produttività media e posizionamento».

Il contesto e la concorrenza

Il managing partner osserva con realismo l’evoluzione del mercato legale internazionale e i suoi riflessi sulla scena italiana: «Oggi i grandi studi americani si concentrano sulle piazze dove ci sono i “soldi veri”: New York, Londra, Parigi, Francoforte. L’Italia per molti è secondaria, e non investono più come vent’anni fa. Questo apre spazi per chi, come noi, adotta un modello diverso».

Rispetto al 2015, il contesto è radicalmente cambiato: maggiore competizione, prezzi più bassi, qualità media più alta. Gli studi italiani strutturati hanno guadagnato terreno, mentre alcune law firm straniere hanno ridimensionato la loro presenza. «Oggi ci sono due modelli», sintetizza Sutti: «il full service locale, cui apparteniamo noi, e il modello degli studi americani d’élite, focalizzato su poche aree premium. La tendenza internazionale sembra privilegiare quest’ultimo».

Ruoli internazionali

La storia italiana di Dentons si intreccia sempre più con quella globale. Alcuni partner hanno assunto ruoli di rilievo europeo: Alessandro Fosco Fagotto guida la practice Banking and Finance per l’intero continente ed è membro dello Europe Board; Giangiacomo Olivi è co-head della Intellectual Property and Technology practice europea; Davide Boffi è alla guida della Employment and Labor practice in Europa; Roberto Lipari, dallo scorso anno, è Europe head of Litigation and Dispute Resolution; Carsten Steinhauer è co-head dello Europe Energy Sector Group.

E lo stesso Sutti, nel 2023, è stato nominato chairman dello Europe Board, confermando il peso crescente della sede italiana all’interno della governance dello studio. «Questo è un riconoscimento al lavoro di squadra e alla credibilità che abbiamo costruito in dieci anni», commenta.

Governance e futuro

Il decennale coincide con una svolta interna importante: l’introduzione, nel maggio 2025, di un Consiglio direttivo composto da Alessandro Engst, Pier Francesco Faggiano, Alessandro Fosco Fagotto e Davide Traina. Un passaggio, spiega Sutti, motivato anche da considerazioni personali: «Ho fatto il managing partner per quasi trent’anni complessivi. È tempo di costruire un percorso di successione, evitando di arrivare a gestire il tema come un’emergenza».

Il nuovo organo collegiale, eletto dai soci, porta visioni diverse e intende rafforzare la leadership condivisa. «La vera sfida», sottolinea Sutti, «è esercitare una leadership che non derivi dal titolo ma dal comportamento quotidiano, mettendo lo studio davanti agli interessi professionali individuali».

Le persone e la nuova generazione

Sul fronte delle risorse, il managing partner non nasconde le difficoltà comuni alla professione: attrarre giovani talenti, affrontare l’impatto dell’intelligenza artificiale, garantire percorsi sostenibili. «Il mercato è ancora ricco, ma non è più la professione super remunerativa di vent’anni fa. Ci sarà una compressione dei margini, e le nuove generazioni lo sanno. La sfida sarà mantenere la qualità e sapersi rinnovare».

Uno sguardo avanti

Il futuro, per Sutti, passa da un ricambio generazionale che sappia conquistare la fiducia di colleghi e clienti: «Venticinque anni fa un avvocato sessantenne era un’autorità indiscussa. Oggi i clienti hanno vent’anni meno di me e ti guardano diversamente. Se voglio continuare a divertirmi in questo mestiere devo lavorare perché non mi considerino un retaggio del passato».

Dieci anni dopo quella “scommessa greenfield”, Dentons in Italia non è più un outsider. È un attore stabile nel gruppo dei grandi, impegnato a coniugare crescita e sostenibilità in un mercato che cambia rapidamente. Una storia che, al giro di boa, sembra ancora tutta da scrivere.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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