Decreto Franceschini, intervista doppia a Marcello Dolores e Letizia Ilaria Nuvoli
di Ilaria Iaquinta
Prendete una legge sul cinema e l’audiovisivo, il decreto Franceschini, e provate a mettere intorno a un tavolo il legale di un’emittente (Marcello Dolores, vicepresidente affari legali e regolamentari di Discovery Networks) e quello di un produttore cinematografico (Letizia Ilaria Nuvoli, head of legal department di Indiana Production).
Vi renderete immediatamente conto che alla fine della chiacchierata sarà impossibile metterli d’accordo. Almeno non su tutto. La legge, approvata a novembre 2016 e in vigore da gennaio 2017, è e rimane per le due parti un pomo della discordia. Soprattutto a sei mesi dall’entrata in vigore di tutti gli obblighi della stessa. Per il 2018, infatti, è stata prevista una moratoria così da consentire ai fornitori di servizi media un adeguamento progressivo alla nuova disciplina.
Oltre a introdurre misure importanti (istituzione del fondo cinema e audiovisivo, potenziamento del tax credit, incentivi per investimento in sale cinematografiche), il decreto Franceschini prevede procedure più stringenti per la programmazione del cinema in tv e per gli investimenti nelle televisioni.
Dal punto di vista di Nuvoli «a livello di cinema, il decreto ha cambiato il principio dei fondi di finanziamenti e sviluppo, dando priorità alle opere prime e seconde, spingendo così i nuovi talenti. L’incentivo, più che alle aziende, è alla qualità e ai giovani, affinché inizino a parlare anche a un pubblico internazionale».
Eppure, per Dolores, «il business televisivo in Italia, ma anche in altri Paesi Europei si è costruito su parametri abbastanza stringenti, che erano in linea con la normativa comunitaria sulla programmazione mentre questo decreto, ora, inasprisce tutto, chiedendo agli editori televisivi di fare ancora di più».
GLI OBBLIGHI DI PROGRAMMAZIONE E INVESTIMENTO
Ma andiamo per ordine. Sostanzialmente, la riforma obbliga le emittenti ad aumentare le trasmissioni di produzioni europee (pari al 53% per tutti gli operatori per il 2019, al 56% per il 2020 e infine al 60% a partire dal 2021) e made in Italy (pari ad almeno un terzo della quota prevista per le opere europee). Inoltre, nelle fasce orarie con maggior audience, chiamate “prime time” (dalle 18 alle 23) le tv private dovranno trasmettere almeno un film, una fiction, un documentario o un cartone animato italiano a settimana (e almeno due la Rai). «In particolare, la previsione di quote durante il prime time di fatto ci porta a un sistema di regolamentazione per decreto del palinsesto, una scelta anacronistica rispetto all’andamento del mercato che ormai ha una molteplicità di offerte, spesso da parte di un unico editore come nel nostro caso con canali lineari generalisti e tematici, free e pay e cataloghi on demand», spiega Dolores.
Aumentano inoltre gli obblighi di investimento riservati all’acquisto o al pre-acquisto o alla produzione di opere europee ad almeno il 12,5 % a partire dal gennaio 2019 e al 15% dal 2020 per le tv private (e al 18,5%, 20% per la Rai). «L’obbligo di investimento è assolto solo con alcune tipologie di contratto, ovvero l’acquisto, il preacquisto, o la co-produzione di opere. Forme contrattuali che prevedono la condivisione dei diritti, lasciando però il rischio editoriale e di impresa in capo solo all’emittente», aggiunge Dolores.
All’interno della quota complessiva prevista per le opere europee, il decreto innalza al 3,5% per il 2019 e al 4,5% a decorrere dal 2021 per le private (e al 4,5% e al 5% per la pubblica) la quota minima degli introiti netti annui diretta alle opere cinematografiche italiane. «Mi rendo conto che l’imposizione spesso e volentieri non aiuta. Ci vorrebbe piuttosto un’educazione così da arrivare alle cose gradualmente. Il decreto Franceschini invece ha fatto un vero e proprio salto in avanti rispetto al passato, prevedendo richieste di investimento importanti. Trovarsi di fronte a un emittente obbligato a investire può essere di aiuto per il produttore nel breve termine ma, se non voleva veramente farlo, non lo è sul lungo», commenta Nuvoli.
Il decreto anticipa inoltre…
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