DAVIGO E L’AVVOCATURA CHE NON C’E’

di nicola di molfetta

Nell’ultima giornata del forum Ambrosetti a Cernobbio, Piercamillo Davigo, ex componente del pool Mani Pulite della Procura di Milano e oggi consigliere di Cassazione, ha spezzato le gambe al progetto di riforma della Giustizia elaborato dal governo Renzi. La sua previsione? Un flop annunciato. Il motivo? Semplice: gli avvocati e la loro “lobby” interessata alla proliferazione dei processi. Il concetto era stato espresso dal magistrato già a settembre 2011. Sempre a Cernobbio. L’unica differenza rispetto alla volta precedente è stata nei toni (all’epoca parlò di «eccessiva domanda di intermediazione giudiziaria»).

Il ragionamento di Davigo, per certi versi, è condivisibile. Ma, ci permettiamo di dire, gli mancano alcuni passaggi. Già, perché se è vero che in Italia ci sono tante cause anche perché ci sono tanti avvocati (come ha riconosciuto persino il presidente dell’Ordine di Milano durante il processo all’avvocatura organizzato da legalcommunity.it lo scorso marzo), è vero pure che tanti legali in Italia sono convinti che la loro professione sia solo una e si svolga solo in Tribunale. Prima dell’introduzione del numero chiuso a Giurisprudenza (cosa sacrosanta e da fare) bisognerebbe finalmente insegnare agli aspiranti “principi del foro”, che i loro studi possono farli diventare molte altre cose e che la logica del contenzioso a tutti i costi va ormai superata.

Il mercato della consulenza stragiudiziale ha vaste aree di domanda che oggi trovano scarsa o scarsissima soddisfazione. L’attività in azienda, come direttori affari legali o responsabili compliance rappresenta un’altra grande opportunità di lavoro. Le specializzazioni non sono una etichetta vuota di significato. Chi davvero è un profondo conoscitore di una precisa area di pratica ha la possibilità di muoversi in un territorio dove la concorrenza o non c’è affatto o se c’è è talmente rarefatta da risultare quasi impercettibile. C’è un dato della Cassa Forense che sembra molto significativo. Sia gli avvocati che nella loro vita svolgono una carriera di alto livello, sia quelli che concludono la loro parabola professionale senza particolari trionfi o successi, all’inizio del proprio percorso partono dallo stesso punto, ovvero da un reddito annuo medio di circa 11mila euro lordi.

Cosa fa la differenza nelle vicende dei vari professionisti? Molte cose, ovviamente. Tra cui l’essere stati capaci di crearsi un posizionamento di mercato specifico (il che vale ad ogni livello e in ogni fascia di mercato), il non essere dei tuttofare, il non interpretare la propria attività come un impiego para-statale i cui introiti sono legati a tariffe fissate per legge, nonché la capacità di interpretare la propria funzione nell’ottica della fornitura di servizi utili. Un’avvocatura utile potrebbe fare molto per il Paese, persino al netto di 250mila iscritti. La riforma a cui sta lavorando il Governo e in particolare il ministro Andrea Orlando, muove un passo nella direzione giusta. Dall’arbitrato alla negoziazione assistita, il messaggio che il ruolo degli avvocati nella difesa e tutela dei diritti degli assistiti può, anzi deve, andare oltre la sola attività contenziosa, rappresenta una indicazione positiva dopo anni di condiscendenza istituzionale.

Essere disfattisti, come l’ex “mente” di Mani Pulite, serve a poco. Così come puntare il dito contro una lobby che non c’è. Oltre 200mila avvocati sono un corpo così eterogeneo, fatto allo stesso tempo di professionisti milionari e soggetti che non arrivano a mettere assieme nemmeno 1000 euro al mese, che non riesce ad agire come entità unica accomunata da interessi uniformi. L’avvocatura è divisa, parcellizzata, sempre più proletarizzata e per questo è incapace di agire nel proprio interesse. Non è un caso che ci abbia messo quasi 80 anni a riformare la propria legge professionale. E non è un caso che la normativa scaturita alla fine di questa gestazione quasi secolare abbia cambiato davvero in poco la condizione della categoria.

nicola.dimolfetta@legalcommunity.it

TWITTER: @n_dimolfetta

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