Da consulenti a fornitori: l’IA può trasformare il mercato dei servizi legali? Il caso A&O Shearman
di giuseppe salemme*
A&O Shearman è stato il primo studio legale a implementare una soluzione di intelligenza artificiale generativa a livello globale.
Era il dicembre 2022, appena due mesi dopo il rilascio pubblico di ChatGpt. Il software si chiama Harvey, come l’azienda che l’ha sviluppato; è un grande modello linguistico (Llm) ottimizzato per l’ambito legale e alimentato da Gpt-4, il modello che muove anche ChatGpt. Un team di avvocati dello studio lo aveva testato in anteprima in un ambiente controllato per diversi mesi prima di renderlo disponibile più ampiamente. Oggi Harvey si è diffuso, ed è utilizzato su licenza da diverse aziende in tutto il mondo, incluse insegne legali come Cuatrecasas e Cms.
Non passa nemmeno un anno, e A&O Shearman gli affianca ContractMatrix: stavolta uno strumento sviluppato internamente dallo studio legale, in collaborazione con Microsoft e con la stessa Harvey. Pensato per semplificare la redazione, la revisione e la negoziazione dei contratti, ContractMatrix permette agli avvocati di fare domande sul contenuto di interi contratti o singole clausole (“Quanto è favorevole al mutuatario questo accordo di finanziamento?” è uno degli esempi mostrati nella demo online) o richiedere la redazione di clausole contrattuali in base alle loro esigenze specifiche. Ancora più importante, possono confrontare il loro lavoro con un database interno di precedenti e politiche di riferimento, ordinabili per somiglianza; e lo stesso database può essere interrogato direttamente, utilizzando il linguaggio naturale. Fare affidamento su un insieme di dati ben circoscritto riduce il rischio di allucinazioni, e l’avvocato ha in ogni caso l’ultima parola su ogni modifica.
Tutto questo avviene peraltro senza mai uscire da Word o dalla finestra del browser su cui si sta lavorando. Secondo i dati forniti da A&O Sheaman, Contractmatrix permette di risparmiare 7 ore per ogni contratto revisionato (circa il 30% di tempo in meno rispetto a prima), ed è già usato da oltre 2mila avvocati dello studio.
Ma non solo loro: lo studio sta anche offrendo ContractMatrix ai team legali e di compliance interni di aziende che operano in varie giurisdizioni e settori. È qui la vera attitudine rivoluzionaria dello strumento: non il mero risparmio di tempo, ma la possibilità di scorgere una delle possibili trasformazioni che le organizzazioni professionali potrebbero subire negli anni a venire.
Stiamo per vedere i principali studi legali specializzarsi sempre più nella fornitura di servizi e soluzioni tecnologiche? Ne è convinta Francesca Bennetts, avvocata partner del Markets Innovation Group (Mig), della practice di Ai advisory e dello Ai steering committee di A&O Shearman.
Cosa fa il Market innovation group di A&O Shearman?
È un practice group autonomo che guida lo sviluppo e l’implementazione della strategia IA dello studio. Definiamo gli obiettivi dello studio relativi all’IA e coinvolgiamo tutte le persone necessarie per raggiungerli: non solo i nostri avvocati, ma anche il nostro team tecnico, il team Infosec, il team legale interno. Siamo un grande studio, quindi dobbiamo assicurarci che in ogni decisione siano coinvolte tutte le persone rilevanti. Abbiamo sviluppato strumenti di IA come ContractMatrix e abbiamo anche svolto un ruolo chiave nella creazione della nostra practice di consulenza in materia di IA. Che è unica proprio perché informata dal lavoro che facciamo nel Mig, a diretto contatto con i sistemi di IA.
Qual è il tuo background professionale? Hai sempre lavorato con la tecnologia come avvocato?
Il percorso con cui sono diventata una AI lawyer è un po’ atipico. A Oxford inizialmente ho studiato teologia. Ma ho deciso molto presto che volevo diventare un avvocato. Sono stata abbastanza fortunata da ottenere un contratto di formazione con A&O Shearman (allora Allen & Overy), e da allora sono sempre rimasta qui. All’inizio mi occupavo di derivati, in un team di lavoro molto lungimirante e aperto all’uso della tecnologia. La necessità di sfruttare la tecnologia diventò evidente dopo la crisi del 2008, quando abbiamo dovuto allineare tantissimi contratti con le nuove regolamentazioni: fu il caso ideale per sperimentare con soluzioni legaltech; e da quel momento il team iniziò a concentrarsi quasi esclusivamente sull’utilizzo di tecnologie all’avanguardia per soddisfare le esigenze dei clienti e affrontare sfide legali e normative su larga scala.
Avete già implementato internamente due tool di IA come Harvey e ContractMatrix. Che feedback vi hanno fornito gli utenti?
Harvey e ContractMatrix sono molto usati, e in maniera uniforme su varie demografiche: non sono solo dai profili junior, ma anche dai professionisti con più esperienza. In più, le percentuali di utilizzo rimangono costanti in tutte le giurisdizioni, cosa piuttosto sorprendente: fino a questo momento era sempre stato difficile trovare strumenti legaltech che tutti trovassero ugualmente utili a livello globale. Continuiamo comunque a raccogliere input dai nostri avvocati e dai nostri clienti per perfezionarli ancora di più, per noi è una priorità assoluta.
State anche concedendo in licenza ContractMatrix ad altre organizzazioni…
Sì, e in tutto il mondo. Abbiamo clienti negli Stati Uniti, nei Paesi Bassi, in Medio Oriente, così come in Giappone. E non si tratta di singole categorie di soggetti: abbiamo aziende nel settore delle scienze della vita, banche, asset manager, assicuratori, case di moda e aziende tecnologiche. Penso che sia un prodotto utile per chiunque abbia una funzione legale con più di cinque persone.
Come insegnate ai vostri avvocati a usare correttamente gli strumenti di IA?
Abbiamo istituito un programma di formazione per implementare l’IA in modo responsabile in tutte le nostre attività. Gli avvocati tendono a essere conservatori per natura, quindi fin dall’inizio abbiamo voluto fornirgli tutte le informazioni necessarie. Il mio team ha creato un hub centrale che ospita tutte le risorse relativa all’IA, inclusa una serie di video che spiegano come funziona l’IA generativa, quali sono i rischi nell’utilizzarla. Poi abbiamo anche una formazione più specifica, differenziata per practice e per giurisdizioni.
Avete delle linee guida specifiche sull’uso di questi strumenti? Una sorta di lista di cose da fare e da non fare?
Sì. Abbiamo sviluppato delle rules on use, che il nostro personale deve leggere e accettare prima di poter utilizzare i nostri strumenti di IA. Abbiamo anche regole severe su come archiviare la documentazione, affinché sia accessibile solo da determinate persone; proteggere la riservatezza dei clienti è fondamentale. Sono rischi su cui riflettiamo da tempo, molto prima che implementassimo Harvey o ContractMatrix.
In futuro, vedi gli studi legali evolversi in modo da diventare non solo consulenti legali, ma anche fornitori di software legale basati sull’IA?
È quello che pensiamo. Ed è per questo che stiamo perseguendo una strategia IA così ambiziosa. Il fattore chiave è che, in tutti gli strumenti di IA che utilizziamo o sviluppiamo, siamo noi a portare l’expertise legale. Questo significa che, anche se magari non costruiremo mai una tecnologia migliore di quelle di Harvey o Microsoft, possiamo collaborare con loro per creare applicazioni che diano realmente valore aggiunto nel settore legale. Penso che questa sia la magia del Markets innovation group: abbiamo una profonda comprensione sia della tecnologia che del diritto, e sappiamo come mettere insieme le diverse parti per creare un prodotto utile ai nostri clienti. È quello che continueremo a fare.