Covid19, l’impatto del virus sulle lettere d’impegno all’assunzione
di giuseppe merola*
La diffusione del Covid-19 incide significativamente, fra l’altro, sulla capacità delle aziende di dare corso e mantenere gli impegni all’assunzione assunti in data antecedente all’emergenza stessa.
Sempre più spesso, infatti, le aziende si trovano nella necessità di dover gestire le situazioni in cui, a causa dell’emergenza epidemiologica e delle conseguenti restrizioni adottate a livello governativo, versano in uno stato di difficoltà, se non addirittura di impossibilità, di effettuare quelle assunzioni.
Particolarmente sentita è, quindi, la necessità di comprendere se, ed entro quali limiti, sia possibile invocare gli istituti giuridici della forza maggiore e dell’impossibilità sopravvenuta per superare gli eventuali profili di inadempimento contrattuale che si dovessero configurare ove l’azienda dovesse decidere di venir meno ai propri impegni preassuntivi.
Allo scopo è preliminarmente necessario compiere un’attenta valutazione del caso specifico e, in particolare, delle comunicazioni intercorse fra le parti per stabilire l’esatto contenuto degli impegni fra le stesse assunti. La lettera sottoscritta potrebbe, infatti, atteggiarsi – più che a un vero e proprio impegno all’assunzione – ad una semplice lettera di intenti, da inserirsi nell’ambito di trattative ancora in corso tra le parti.
In tal caso, l’ingiustificato venir meno della Società dalle trattative potrebbe configurare – al più – una responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c., ove si dimostri che la lettera di intenti abbia contribuito ad ingenerare nel lavoratore un legittimo affidamento sulla positiva prosecuzione delle intese e sulla successiva conclusione del contratto di lavoro.
Malgrado le oscillazioni giurisprudenziali sul punto, l’orientamento maggioritario ritiene che una tale fattispecie debba essere vagliata alla luce delle norme sulla responsabilità extracontrattuale, con un duplice ordine di conseguenze: da un lato, non potrà farsi ricorso agli istituti che escludono la responsabilità contrattuale, quali l’impossibilità sopravvenuta e la forza maggiore; dall’altro, il lavoratore, che asserisce di essere danneggiato, avrà l’onere di provare l’imputabilità del danno alla società, a titolo di dolo o colpa.
Diverso, invece, il caso in cui la lettera appalesi chiaramente la volontà aziendale di assumere il lavoratore, e, quindi, contenga gli elementi essenziali del rapporto come, oltre ovviamente ai soggetti, il livello di inquadramento, la qualifica, la sede di lavoro, la retribuzione, la durata e, quindi, tutti gli elementi utili a connotare l’instaurando rapporto contrattuale. Ciò può verificarsi sia laddove la lettera sia sottoscritta dal solo datore di lavoro, sia ove sia sottoscritta da entrambe le parti e, quindi, anche dal lavoratore. In entrambi i casi, la lettera d’impegno, che si configura come un vero e proprio contratto preliminare di lavoro, obbliga l’azienda ad assumere il candidato alle condizioni concordate. Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro può integrare una responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c.., da cui consegue che, ove il datore non dia seguito all’impegno assunto, il lavoratore possa agire in giudizio per chiedere che sia emessa una sentenza costitutiva che produca gli effetti dell’assunzione o, in alternativa, la risoluzione del contratto, oltre, in entrambi i casi, il risarcimento del danno. Il lavoratore dovrà limitarsi a provare il fatto giuridico da cui è derivato il danno, quale l’omessa assunzione, mentre il datore di lavoro avrà l’onere di dimostrare che l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile e potrà invocare, ove ne ricorrano i presupposti, le cause di estinzione dell’obbligazione.
A tale riguardo, quindi, va considerato che tra le cause di estinzione dell’obbligazione si annovera l’impossibilità sopravvenuta, disciplinata dall’art. 1256 c.c. ai sensi del quale “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”.
L’impossibilità che, ai sensi dell’art. 1256 c.c. estingue definitivamente la obbligazione è da intendersi in senso assoluto ed obiettivo; deve cioè consistere non in una mera difficoltà o in una maggiore onerosità, ma in un impedimento tale da non poter essere rimosso. Occorre, quindi, la non eseguibilità tecnica della prestazione per una causa che deve sopravvenire e non essere imputabile al debitore.
Se l’impossibilità è invece solo temporanea “il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”.
Parte della giurisprudenza ritiene che anche l’ordine dell’Autorità (c.d. “factum principis”) possa comportare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, purché il provvedimento non sia ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto della assunzione della obbligazione e l’inadempiente abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio dell’ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità (Cass. 14915/2018).
Tra le cause di esclusione della responsabilità contrattuale si tende ad includere anche la forza maggiore, definita quale un evento imprevedibile ed irresistibile, una forza esterna ostativa in modo assoluto.
Al riguardo, quindi, ci si interroga sul fatto che la diffusione di un’epidemia, quale quella da Covid-19, possa essere considerata quale causa di forza maggiore. In particolare, per quanto in esame, ci si chiede se le cause di estinzione dell’obbligazione sopra citate siano o meno applicabili per giustificare anche gli inadempimenti derivanti dal fatto di non aver dato corso a un contratto preliminare di lavoro, e cioè all’impegno all’assunzione.
Il nostro codice civile non disciplina l’istituto della forza maggiore: la stessa è una categoria di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e come tale presenta serie difficoltà applicative.
Per quanto attiene nello specifico ai rapporti di lavoro, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che le difficoltà economiche e le crisi aziendali, anche regolarmente accertate, non siano di per sé sole sufficienti ad esonerare il datore di lavoro dall’obbligo di assunzione precedentemente assunto. Segnatamente, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che l’esonero dall’obbligo di assumere può derivare “unicamente dal sopravvenire di un evento che oggettivamente e in modo assoluto impedisca la possibilità della relativa prestazione (quali la cessazione dell’attività aziendale conseguente alla disgregazione del relativo patrimonio oppure la perdita della disponibilità della struttura aziendale: cfr. Cass. 26 luglio 2002 n. 11121), esclusa viceversa la rilevanza di mere difficoltà finanziarie (Cass. 20 gennaio 2009 n. 1399) o di difficoltà produttive e anche in conseguenza di crisi aziendali regolarmente accertate (Cass. 13 luglio 2000 n. 9307). (cfr. Cass. 01/06/2011 n. 12104; Cass. 26/06/2009 n. 15073).
Evidentemente, la giurisprudenza in questione si è formata in un contesto in cui non erano immaginabili gli impatti economici negativi causati dall’attuale pandemia. Ciononostante, non può certo ignorarsi l’esistenza di tale orientamento, il quale, ad ogni modo, appare coerente con i principi generali in materia: infatti, una difficoltà economica, per quanto rilevante, non comporta di per sé la non eseguibilità tecnica della prestazione. Al riguardo, peraltro, va tenuto conto della previsione dell’’art. 91 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. Decreto Cura Italia), rubricato “disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”, che ha introdotto una previsione che mira a tutelare coloro che incorrono in inadempimento contrattuale a causa dell’applicazione delle misure restrittive emanate per fronteggiare il Covid-19.
La norma dispone infatti che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Sebbene alcuni interpreti abbiano visto tale disposizione come la tipizzazione dell’istituto della forza maggiore, a ben vedere, il decreto Cura Italia non introduce affatto un principio generale in tal senso, ma tende a rafforzare le previsioni normative già esistenti. La norma si limita, infatti, a prevedere che il Giudice “valuterà” il rispetto della normativa emergenziale quale causa di esclusione della responsabilità contrattuale.
Dovremo quindi attendere la corretta applicazione giurisprudenziale per valutare l’esatta portata della disposizione in parola, la quale, almeno allo stato attuale, è stata recepita esclusivamente nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del settore edile” siglato in data 24 marzo 2020, nel quale è contenuta una tipizzazione pattizia esemplificativa delle cause di esenzione della responsabilità, con riferimento alle attività di cantiere.
Ne deriva che la circostanza che il datore di lavoro, a causa di questa emergenza sanitaria e del conseguente venir meno delle attività, si trovi in una situazione di difficoltà o, addirittura, di oggettiva impossibilità ad assumere il lavoratore non potrebbe, di per sé, giustificare il suo rifiuto definitivo all’assunzione.
Piuttosto, fermo restando che occorre fare una valutazione caso per caso, l’azienda potrà invocare, almeno allo stato attuale, la temporanea impossibilità sopravvenuta di rispettare l’obbligazione assunta nella lettera di impegno e, sulla base di ciò, chiedere di posticipare l’assunzione ad altro momento allorché la situazione si sarà normalizzata. In considerazione di ciò, è quanto mai opportuno che la società interessata faccia pervenire al lavoratore una comunicazione nella quale rappresenti le oggettive difficoltà nell’adempiere la propria obbligazione a causa di questa emergenza sanitaria, specificando – sia pur sinteticamente – i motivi che determinano l’impossibilità della prestazione a suo carico – l’assunzione – la necessità di posticipare quest’ultima ad un momento successiva allorché le attività si saranno ripristinate e sarà quindi possibile mantenere l’impegno assunto.
*senior associate Pirola Pennuto Zei