Come il private capital sta cambiando il calcio italiano
di giuseppe salemme
Non solo campo: la storia recente del calcio italiano è anche quella della progressiva finanziarizzazione di un’industry che per gran parte del Novecento si era retta soprattutto sul mecenatismo dei proprietari, per lo più riconducibili al novero delle grandi famiglie industriali. Alla prima stagione delle quotazioni di fine anni ‘90 e primi 2000, con il sogno (quasi) mai realizzato dell’azionariato popolare, è seguita quella degli investitori esteri. Inizialmente, imprenditori russi e cinesi; oggi, fondi privati statunitensi e fondi sovrani mediorientali.
Un incontro organizzato dallo studio legale Legance ha analizzato il rapporto tra private capital e calcio chiamando in causa alcuni dei dirigenti dei maggiori club italiani: Alessandro Antonello di Fc Internazionale, Luca Bassi dell’Atalanta Bc, Stefano Campoccia dell’Udinese Calcio, Stefano Cocirio di Ac Milan e Roberto Spada di Juventus Fc.
Il vero calciomercato
Delle 20 squadre militanti nell’attuale Serie A, più della metà ha cambiato proprietà negli ultimi 10 anni. Genoa, Inter, Milan, Roma, Fiorentina, Atalanta e Bologna sono le sette squadre ormai saldamente in mano estera (il 35%); ma il numero aumenta se si prendono in considerazione anche le serie minori (si veda la tabella). È questo il vero calciomercato italiano degli ultimi anni. Reduci da gestioni poco sostenibili e per nulla lungimiranti, il gap delle squadre italiane con le competitor estere è aumentato velocemente. Tagliati fuori da gran parte delle trattative per i grandi campioni, i club hanno visto calare i loro introiti, per lo più ancorati all’andamento dei risultati sportivi (diritti televisivi, biglietti venduti, sponsorizzazioni, merchandising, premi). La crisi dei ricavi, in molti casi acuita dalla pandemia, ha spinto i club a cercare nuovi capitali. E l’interesse degli investitori, soprattutto quelli statunitensi, è stato da subito vivissimo. Per i fondi privati, il calcio italiano rappresenta…