Colarossi: «Sono managing partner, ma la mia è una storia normale»

di michela cannovale

«Tanti anni fa, durante un’operazione di m&a, mi sono resa conto a un certo punto di essere non solo la legale più giovane tra quelli presenti al meeting, ma anche l’unica donna. E non so, onestamente, se sarei stata presente a quel tavolo, a quell’età e a quei tempi, se il mio studio non fosse stato Baker McKenzie, dove nessuno, neanche fra i più senior, mi ha fatto sentire che quello non fosse il mio posto».

Inizia a raccontarsi così, Paola Colarossi, neoeletta managing partner degli studi di Milano e Roma di Baker McKenzie, dove è entrata come trainee nel 1997, subito dopo la laurea… e non è mai più uscita. Completata la pratica, ha iniziato a specializzarsi nell’area corporate m&a. Nel 2003, nella sede londinese dello studio, ha fatto parte del neonato gruppo corporate reorganizations, una practice che in Italia ancora non esisteva, ma che sarebbe arrivata presto. «L’esperienza a Londra – spiega – è stata il mio game changer. Ho avuto l’opportunità di scoprire e identificare delle aree di pratica che da noi non erano ancora presenti, di conoscere un mondo che avrebbe raggiunto il mercato italiano molto tempo dopo, di entrare nelle difficoltà e nell’ottica di diverse tipologie di azienda, di partecipare al loro viaggio. Insomma, di toccare con mano l’interazione tra business e diritto a livello internazionale».

Nel 2015 è diventata socio equity dello studio. Negli ultimi anni, oltre ad essere partner del dipartimento corporate and m&a e responsabile della practice corporate reorganizations, si è occupata di diversity & inclusion per gli studi italiani di Baker. Il ruolo le ha permesso, nel 2021, di entrare nel Global Equity, Diversity & Inclusion Committee. «E quando hai una finestra sul mondo, riesci ad interfacciarti con fenomeni che nel tuo Paese non sono ancora di massa, e quindi ad anticipare il momento in cui lo diventeranno».

Insieme a lei, del management team fanno parte anche i soci Massimiliano Biolchini, con delega al talent management, e Francesca Gaudino, con delega al business development marketing & communications.

MAG ha voluto incontrarla. Per parlare del suo percorso, della nuova carica e dei piani per il futuro.

Finalmente una donna a capo di un grande studio legale d’affari. Quante sfide ha dovuto affrontare per arrivare dove è oggi?
La prima sfida è stata capire in cosa volessi specializzarmi e come arrivare al cliente che volevo assistere. Quindi passare dall’essere una brava avvocata all’essere un po’ più imprenditrice. Ma il fatto stesso di essere managing partner è una grossa sfida perché servono delle competenze specifiche che non hanno necessariamente tutti gli avvocati. Devo ammettere però che essere parte di Baker McKenzie, realtà che ha un footprint globale, mi ha aiutato molto. La consapevolezza di avere una squadra al mio fianco è stata fondamentale.

Ma perché così poche mananging partner donne rispetto agli uomini?
Sinceramente non ho una risposta precisa. Probabilmente, più che managing partner, la grande difficoltà è diventare socio, ruolo che implica una seniority e capacità di sviluppo di business che non tutti hanno (o vogliono avere). E, anche una volta che si diventa soci, arrivare ad essere managing partner non è scontato perché si tratta pur sempre di un ruolo manageriale… E il mondo legale, così come il mercato del lavoro italiano in generale, vede meno donne in posizioni apicali.

E cosa si può fare per andare oltre questi limiti?
Io ho avuto la grande fiducia dei miei soci e dei miei mentor. E avere degli alleati, nella vita, è importantissimo. L’alleanza di gender, a questo proposito, è fondamentale per rimuovere gli ostacoli, per eliminare la disuguaglianza tra uomo e donna così come tra diverse generazioni. E attraverso le alleanze si costruisce la fiducia. Come suggerisce Milton Cheng (global chair di Baker McKenzie), il concetto su cui basarsi dovrebbe essere il “trust by induction”. In poche parole: se tra me e te c’è un forte rapporto fiduciario, ci sarà automaticamente anche nei confronti delle persone che ti presento. Indipendentemente che si tratti di uomini o di donne.

Ora che ricopre il ruolo di managing partner, come affronterà il discorso della diversity&inclusion in studio?
Inutile dire che…

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