Chiomenti, il momento di accelerare. Parlano Gregorio Consoli e Filippo Modulo
Continuità e accelerazione. Chiomenti mette a terra il nuovo piano strategico, dopo l’approvazione della scorsa primavera, per dare attuazione alle azioni previste dal progetto. La continuità sta nella volontà di non mollare di un centimetro rispetto all’ambizione di mantenersi saldi nella fascia più alta del mercato dei servizi legali. L’accelerazione, invece, si collega a tre fattori che i managing partner Gregorio Consoli e Filippo Modulo, in questa conversazione esclusiva con MAG, hanno identificato con i concetti di collaborazione, internazionalizzazione e innovazione. Sono questi i propulsori della crescita futura dell’organizzazione che, anche per quest’anno, dovrebbe riuscire ad archiviare una performance in crescita nell’intorno dell’8-10% sul precedente.
Partiamo dalla collaborazione. È un’azione cruciale per estrarre valore?
Gregorio Consoli (G.C.): La collaborazione era già un punto chiave del nostro piano precedente. In questi ultimi anni, siamo riusciti a far lavorare sempre più sulla coesione interna attraverso tramite interventi sui meccanismi di remunerazione, sulle metriche, e con un graduale lavoro culturale di sensibilizzazione all’interno delle practice. Questo ha portato a una crescita evidente e ci ha consentito di essere presenti praticamente su quasi tutte quelle che sono le grandi questioni che hanno interessato il nostro Paese in questi anni. La combinazione di competenze e l’approccio multidisciplinare ci hanno dato valore.
Quando dice questioni cosa intende esattamente?
G.C.: Mi riferisco a questioni di ampia portata, questioni, non alle singole operazioni, ovvero le principali problematiche che hanno caratterizzato il mercato. Abbiamo intercettato il flusso degli investimenti stranieri, per esempio. Penso anche al riassetto all’interno del mondo bancario e in particolare alle azioni sull’attivo delle banche.
Filippo Modulo (F.M.): Ma pensiamo anche ai settori. Siamo leader nella gestione di operazioni aventi rilevanza strategica anche grazie alla riconosciuta eccellenza nell’assistenza sul fronte Golden Power, senza timore di smentita, solo per fare un esempio.
Il che conta più dell’essere sulla singola operazione in particolare?
F.M.: Essere o non essere in una singola grande operazione dipende da una serie di fattori compresi i possibili conflitti, i precedenti incarichi e così via. In termini prospettici essere un referente stabile nelle grandi questioni che riguardano il flusso degli investimenti dall’estero verso l’Italia, il diritto europeo, il tema delle foreign subsidies (abbiamo presentato le prime notifiche alla Commissione Europea) conta molto di più.
Un’altra questione rilevante è stata quella dei passaggi generazionali nelle imprese…
G.C.: Assolutamente sì. L’attenzione al mondo della clientela privata è stata un’importante intuizione, a cui abbiamo dato seguito in modo sistematico. Se ci si pensa, fino a pochissimo tempo fa, era qualcosa al di fuori del raggio d’interesse dei grandi studi. Abbiamo avviato questa attività dieci anni fa, e oggi contiamo professionisti che si occupano sia della parte fiscale sia della parte di pianificazione patrimoniale. A gennaio abbiamo inoltre in previsione una grande iniziativa dedicata alla tematica dei passaggi generazionali nelle imprese. L’obiettivo è seguire quelli che sono i temi chiave di questo Paese.
Secondo fattore: l’internazionalizzazione.
G.C.: Pensiamo che sia un fattore di accelerazione del nostro processo di crescita.
Descriviamolo rapidamente…
G.C.: Il nostro approccio all’estero è basato sicuramente sull’attività delle nostre sedi (New York, Londra, Bruxelles, ndr) che possono contare su team operativi che supportano i clienti che desiderano effettuare investimenti in Italia. In quest’ottica, abbiamo ricalibrato tutte le nostre sedi estere e rafforzando il legame con i grandi studi indipendenti americani, inglesi e asiatici.
F.M.: Il flusso degli investimenti esteri in Italia è aumentato moltissimo negli ultimi 3-4 anni. In termini relativi, la crescita del numero delle operazioni interessanti l’Italia è stata del 30% superiore rispetto ad altri Paesi. Essere riconosciuti come soggetti che possono effettivamente accompagnare l’impresa nella complessità del tessuto italiano per noi ha un’importanza fondamentale.
E come ci siete riusciti?
F.M.: Direi schierando squadre che collaborano con competenze di alto livello e in modo omogeneo sui diversi aspetti delle operazioni. Questo è diventato un elemento riconosciuto dagli studi stranieri e dai fondi che scelgono di lavorare con noi.
Quali sono i Paesi da cui arriva la maggior parte di queste opportunità?
F.M.: Questo flusso si vede molto chiaramente da Usa e Uk, mentre in Europa proviene in particolare da Paesi come Francia, Germania, Olanda e Svizzera. C’è poi una tendenza interessante che arriva dall’Asia, in particolare dal Giappone.
La Cina invece?
F.M.: Come noto, quello cinese è un mercato che è andato chiudendosi su sé stesso negli ultimi anni frenando gli investimenti esteri e questo ha contribuito alla nostra decisione di chiudere la sede di Pechino. I nostri soci già attivi in Cina continueranno a garantire dall’Italia l’assistenza sull’area, grazie alle competenze proprie e di team dedicati, che discendono dalla nostra presenza in Asia per tanti anni

Terzo fronte di accelerazione è quello dell’innovazione. Quali sono le novità a questo proposito?
G.C.: Quando parliamo di innovazione, ovviamente, pensiamo a quella tecnologica ma non solo. L’innovazione è anche capacità d’intercettare quelli che sono i grandi temi che interessano i nostri clienti ed essere posizionati con le competenze giuste, per essere gli interlocutori più adatti per affrontarli e l’innovazione nei metodi di lavoro.
L’innovazione tecnologica, invece?
G.C.: La componente di innovazione tecnologia dal nostro punto di vista si muove lungo due direttrici. Da una parte quella della practice of law, che riguarda il nostro modo di lavorare; dall’altra quella del business of law, che riguarda le funzioni di supporto che in strutture complesse come la nostra diventano sempre più importanti. La professionalizzazione delle strutture di business support per noi è stato un elemento qualificante negli ultimi anni. È fondamentale che l’innovazione di tali strutture vada di pari passo con quella della parte legale.
F.M.:Questo ha consentito di liberare il tempo dei professionisti. Siamo da tempo usciti dalla logica per cui l’avvocato fa tutto. I soci si devono occupare delle strategie e dell’attività professionale.Ma la macchina, non solo nelle mansioni più operative, deve essere gestita da specifiche figure professionali.
Possiamo delineare un po’ i confini di questo approccio? Quali sono le aree di business support a cui pensate?
G.C.: Da noi, tutte le attività sono riportate su quattro aree di business support. La prima è quella di finanza e strategia, in cui opera il CFO, a cui abbiamo dato anche il compito di coordinare la parte di sviluppo del business, cioè il supporto alle diverse practice area. Nel nostro modello, l’attività di sviluppo con i clienti è svolta dalle practice area. Per questo, sono presenti dei team che seguono costantemente il lavoro delle practice area per consentire di dare ordine e attuazione ai vari progetti.
F.M.: In passato, lo sviluppo del business, il marketing e la comunicazione afferivano alla stessa struttura. Oggi abbiamo costituito funzioni distinte con professionisti altamente specializzati: da una parte c’è chi segue lo sviluppo del business all’interno della funzione finanza e strategia, assicurando anche attività di project management. Dall’altra c’è chi si occupa di comunicazione in ogni suo aspetto, gestendo tutte le relazioni dello studio con l’esterno, nonché gli eventi.
G.C.: Un’altra funzione per noi essenziale è quella del talent management, che comprende attività che vanno dal recruiting al learning. Poi abbiamo tutta la funzione di facility and services, anch’essa interessata da un importante cambiamento.
In che senso?
G.C.: Abbiamo accorpato in questa funzione tutto quello che è il servizio logistico allo studio. Dalla gestione delle sedi a quella delle segreterie, dal centralino alle print room per la stampa dei documenti.
Per chiudere l’argomento, però, direi che dobbiamo dire due parole sulla tecnologia. Che poi, in questo momento significa intelligenza artificiale…
G.C.: L’intelligenza artificiale ha un impatto decisivo all’interno delle professioni legali. Però, Noi vediamo due filoni diversi. Da una parte l’IA serve a incrementare l’efficienza e di conseguenza la produttività. Attualmente esistono sul mercato una serie di strumenti che è necessario imparare a utilizzare. Così come siamo stati bravi a integrare nelle nostre dinamiche lavorative le piattaforme per le video call o gli smartphone, così dovremo fare con l’IA. Dall’altra parte c’è un aspetto che, secondo noi, è più rilevante e su cui abbiamo deciso di fare un investimento importante.
Quale?
G.C.: L’innovazione dei contenuti ovvero la creazione di un supporto virtuale interno da affiancare ai nostri professionisti. Accanto alle persone fisiche, arriveremo ad avere collaboratori digitali: IA che, tramite strumenti proprietari o joint venture con soggetti specializzati, saranno in grado di valorizzare il sapere dello studio e sistematizzarlo utilizzando il background, le esperienze e tutto il lavoro fatto negli ultimi cinquant’anni. Stiamo lavorando a un progetto di questo tipo per creare uno strumento personalizzato perché riteniamo che la vera differenza tra la mera adozione degli strumenti già disponibili e l’innovazione reale sia la possibilità di continuare a valorizzare e arricchire l’esperienza tecnologica dello studio.
Sul piano della governance il nuovo piano introduce delle novità particolari?
G.C.: Direi che il piano non introduce novità particolari su questo. Il passaggio generazionale l’abbiamo fatto, abbiamo identificato una struttura di governance che riteniamo efficace. Il ruolo di Comitato Strategico e Comitato Remunerazioni funziona. I due managing partner sono stati un elemento decisivo per lo Studio sia da un punto di vista di accelerazione sull’intensità di gestione, sia nel preservare quello che è il nostro ruolo principale, ovvero quello di professionisti dedicati al mercato.
F.M.: Forse l’unico elemento di novità riguarda il lavoro fatto sulle practice area. Abbiamo scelto di avere non più tre, ma due macro-dipartimenti: Transactions e Litigation and Advisory. Allo stesso tempo, abbiamo semplificato le practice area che oggi sono sedici: sei nel Transactions, dieci nel Litigation and Advisory che funzionano in modo più efficiente, favorendo la collaborazione di aree che prima erano, come dire, divise anche se contigue.
Il piano che avete approvato coincide con un rinnovo del vostro mandato per altri tre anni, fino a fine 2026. A livello di investimenti, sul fronte interno, cosa ci possiamo aspettare?
G.C.: Noi continuiamo a investire su opportunità di rafforzamento in settori specifici tramite lateral hire, puntando all’esterno solo dove non abbiamo un potenziale interno da sviluppare o non è compatibile con i tempi del mercato. La crescita organica e la valorizzazione dei nostri colleghi rimangono un punto cardine del nostro approccio.
F.M.: Gli investimenti che stiamo facendo rientrano tutti in questa casistica. Nel mentre, anche quest’anno ci saranno dei passaggi di ruolo. Per noi le persone sono i pilastri su cui si costruisce l’azione dello studio. La base per l’accelerazione di cui stiamo parlando.
Per chiudere, una domanda che serve a capire con quale approccio affrontate tutto questo. Vi siete mai chiesti fino a che punto si possa crescere? Quanto può crescere uno studio?
G.C.: Come studio non ci poniamo limiti. In termini di numero di persone, invece non pensiamo che lo studio debba crescere molto. C’è spazio, ma bisogna mantenere una dimensione che sia coerente col posizionamento e col tipo di attività che svolgiamo.
Avete definito un punto d’equilibrio tra numero di partner e collaboratori che non va rotto?
F.M.: Non credo esista una regola aurea. Il tema è che noi non vogliamo crescere più di quella che riteniamo essere la crescita sostenibile dal mercato. Quello è il solo vincolo. Possiamo continuare a crescere fintanto che riusciamo a restare in quel segmento di mercato che ci interessa.
G.C.: L’unica cosa che non bisogna fare è rischiare di diluire la propria capacità di produrre valore. Noi non dimentichiamo da dove siamo partiti.
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