Carta Mantiglia: «Quest’anno lavoreremo a una riforma sugli aspetti più profondi della nostra organizzazione»
BonelliErede pensa alla sfida generazionale. La partita si giocherà su due piani: riuscire ad attrarre i talenti migliori e interagire in modo efficace con i clienti di domani
di nicola di molfetta
Da dove si comincia a costruire il futuro di uno studio legale? Questa è una domanda fondamentale almeno in due casi.
Il primo, se non si rientra in quella (piccola) porzione di professionisti convinti dell’ineluttabile destino d’inutilità che attende gli avvocati in carne e ossa in un non meglio identificato universo distopico pronto a materializzarsi negli anni a venire.
Il secondo, se si crede che il talento e le persone che lo incarnano resteranno la materia prima essenziale su cui fondare un’organizzazione dedita alla produzione e distribuzione di servizi legali.
Andrea Carta Mantiglia (nella foto) definisce la cura delle persone di BonelliErede la sua «ossessione giornaliera» e, senza dubbio, il principale fattore di competitività presente e futuro di qualsiasi law firm.
Classe ’62, socio di BonelliErede dalla fondazione (nel 1999), componente del comitato Africa così come dei Focus Team Healthcare e Life Sciences e Arbitrati Internazionali, già managing partner della sede di Londra dal 2012 al 2016 ed Executive Chairman della sede Dubai, da dicembre 2018 è anche consigliere delegato (assieme a Marcello Giustiniani) dell’organizzazione presieduta da Stefano Simontacchi e, in particolare, è il partner responsabile della gestione dei soci e dei professionisti.
«Siamo alla vigilia di un cambio generazionale che non ha precedenti – dice in questa intervista a MAG –. Se già l’avvento dei millennial ha scosso profondamente alcuni degli standard strutturali delle istituzioni legali, il passaggio dalla generazione Y alla generazione Z comporterà una vera e propria rivoluzione sul piano valoriale per la categoria e i suoi stakeholder. E noi non possiamo farci trovare impreparati». Per questo, BonelliErede ha aperto un vero e proprio cantiere per l’individuazione e attuazione di una serie di riforme che dovranno consentire di mantenere la leadership di mercato detenuta nel corso degli ultimi vent’anni.
«Il business model – sottolinea Carta Mantiglia – va adattato al mondo che cambia e alle nuove generazioni». Di fatto, quello delineato dal consigliere delegato di BonelliErede è un piano d’azione circolare che ruota attorno al concetto di talento e che si muove seguendo un doppio senso di marcia dall’interno dell’associazione verso il mercato (si legga, i clienti) e viceversa.
«Guardare quello che sta accadendo all’estero è fondamentale», chiosa l’avvocato, che infatti evidenzia come nell’ultima edizione della Law Firm Survey curata da Smith & Williamson, la battaglia per i talenti è considerata una priorità. La ricerca chiede, fra le altre cose, ai managing partner delle principali insegne anglosassoni quali sono le sfide maggiori che dovranno affrontare nei prossimi tre anni. Sul podio delle risposte più frequenti troviamo: “conservare i giusti talenti” al primo posto, seguito da “attrarre i giusti talenti” e da “adottare nuove tecnologie”.
La questione generazionale emerge chiaramente. Sia nel suo impatto interno, che spinge gli studi a lavorare sulla capacità di attirare e valorizzare i talenti delle nuove generazioni anche mettendo mano al business model in modo da renderlo capace di incontrare le esigenze dei professionisti più giovani. Sia nel suo impatto esterno che implica la necessità di prepararsi al rapporto con i clienti del futuro comprendendone il modo di pensare e di agire.
Perché, come logico, il vero driver di questa imminente rivoluzione è il mercato. E il confronto con la generazione Z, quella che McKinsey in un suo report del 2018 ha definito la generazione della “verità”, rappresenta una sfida che interessa chiunque svolga un’attività che consista nella vendita di beni e servizi.
“Svolta etica delle multinazionali Usa” titolava l’Huffington post dello scorso 19 agosto raccontando gli esiti dell’ultima riunione della Business Roundtable, think tank che raggruppa circa 200 amministratori delegati nordamericani presieduto da Jamie Dimon, numero uno di JpMorgan Chase. Il messaggio dirompente emerso dal consesso estivo può essere riassunto così: fare impresa sì ma non solo per profitto. Tra i propositi di un’azienda, oltre a quello di perseguire la propria crescita ci dovranno essere l’impegno a investire nelle persone, a trasmettere valore ai clienti, a comportarsi eticamente con i fornitori, a sostenere le comunità in cui operano. Firmato, Jeff Bezos (Amazon), Tim Cook (Apple), Mary Barra (General Motors), Laurence Fink (BlackRock), Ginni Rometty (Ibm) e altri 176 leader d’industria.
Merito, carriera, ambiente, diversity e inclusion, lavoro di gruppo, miglior uso del tempo. Sono i concetti chiave che ha a cuore Carta Mantiglia.
«Quest’anno lavoreremo a una riforma per BonelliErede che riguarderà gli aspetti più profondi della nostra organizzazione compresi, tra gli altri, i parametri ed i processi di valutazione», dice Carta Mantiglia. Si tratta di un cantiere aperto. In cui le soluzioni da valutare e su cui costruire un nuovo impianto di policy gestionali sono tantissime.
D’altro canto, è in corso a livello globale un processo di allontanamento da formule di remunerazione di crescita automatica verso modalità innovative e più meritocratiche. «Tipicamente…
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