Calcio, avvocati in difesa contro il virus
di Giuseppe Salemme
Chissà quanto diversa sarebbe stata questa quarantena se non si fosse fermato anche lo sport. Dopotutto, in Italia la forma di terapia collettiva più diffusa rimane da sempre urlare contro ventidue giocatori che prendono a calci un pallone su un prato: vedersela negata ha senza dubbio impattato negativamente sulla qualità della vita durante il lockdown.
Ma è così, anche lo sport si è fermato. In ultimo, con il rinvio dei giochi olimpici di Tokyo 2020, misura senza precedenti, almeno per ragioni sanitarie, e che forse più di tutte ci dà l’idea dell’unicità del momento che stiamo vivendo (si veda il box). E gli scenari relativi ad un eventuale prosecuzione delle attività sportive rimangono ancora oggi alquanto nebulosi, a causa di una serie di problematiche assolutamente nuove e trasversali che affliggono quella che è prima di tutto un’industria che solo in Italia muove parecchi miliardi di euro. Ed è proprio per provare a chiarire quali sono gli snodi cruciali di questi temi che MAG ha deciso di interpellare alcuni dei legali più affermati nell’assistenza ai vari player del settore sportivo: Pierfilippo Capello e Andrea Bozza di Osborne Clarke; Vittorio Turinetti di Priero, Ranieri Romani e Nicola Maffioletti di Lca studio legale; Paolo Macchi di Withers; Alberto Crivelli di Amtf Avvocati; Cristina Mazzamauro e Gianluca Cambareri di Tonucci & Partners e Michele Briamonte dello studio legale Grande Stevens.
Partendo dal calcio, lo sport che senza dubbio muove di più l’interesse (e i capitali) in Italia, la questione fondamentale, dalla quale dipenderà la soluzione di tutte le altre, è quella relativa al destino dei campionati: attualmente sono bloccati fino al 13 aprile, e con l’ultimo decreto legge il Governo ha vietato definitivamente anche la prosecuzione degli allenamenti, mettendo di fatto, secondo alcuni, una pietra tombale sulle speranze di prosecuzione delle competizioni.
CONTRATTI E RETRIBUZIONI
Partendo da questo assunto, il primo problema che viene a crearsi riguarda l’eventuale riduzione dell’importo degli stipendi che le società sportive dovranno corrispondere agli atleti. «I calciatori – spiegano i professionisti di Tonucci & Partners – sono lavoratori subordinati sui generis, in quanto non fanno riferimento a un contratto collettivo nazionale ma a regolamenti Figc e ad accordi tra Associazione italiana calciatori, Figc e Lega Calcio», accordi sui quali si innestano i singoli contratti individuali. Attualmente, le retribuzioni riguardanti il mese di marzo sono state sospese. Ed è qui che si esauriscono le certezze: nonostante gran parte degli avvocati interpellati veda un possibile fondamento della riduzione degli ingaggi nell’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per factum principis (in quanto i provvedimenti governativi non permettono l’esecuzione dei contratti), gli stessi sono unanimi nel sostenere che sarebbe assolutamente preferibile un intervento legislativo che vada a uniformare il trattamento per l’intera categoria. Magari «ragionando per fasce di reddito, così da non penalizzare troppo i giocatori delle serie minori» come sostiene Alberto Crivelli. «E senza tralasciare, peraltro, l’impatto che una riduzione consistente (tra il 20% e il 30%) e generalizzata degli ingaggi avrebbe sull’erario, proprio in un momento in cui lo Stato si trova a dover supportare diversi settori» ricordano i professionisti di Lca.
Urgerebbe quindi l’apertura di un tavolo di discussione tra tutte le parti coinvolte. Che si arrivi a un decreto spalmadebiti bis?
Una possibile alternativa, al momento, sembra essere la rinegoziazione su base volontaria dei singoli contratti. Ha agito in questo senso la Juventus, che la settimana scorsa ha comunicato di aver raggiunto un accordo con calciatori e allenatore per una riduzione dell’ingaggio pari a quattro mensilità (nonostante diversi quotidiani abbiano parlato piuttosto di uno “spostamento” dei pagamenti all’esercizio di bilancio successivo). In ogni caso, anche misure del genere comportano dei rischi, soprattutto nel caso in cui, come al momento appare probabile, un provvedimento autoritativo interverrà a regolare questi rapporti. Come spiega l’avvocato Briamonte, «l’ultimo decreto legge ha tolto ogni dubbio sull’integrale impossibilità di adempiere ai contratti di prestazione sportiva, vietando anche gli allenamenti. In questa situazione, la conclusione di accordi preventivi tra club e calciatori rischia di aggiungere un ulteriore grado di complessità alla vicenda qualora il Governo subentrasse a fornire una soluzione generalizzata: a quel punto servirebbe infatti rinegoziare nuovamente tutti gli accordi intervenuti per allinearli ai provvedimenti governativi».
SCADENZE
La riduzione degli stipendi dei tesserati è cruciale innanzitutto per le società sportive, che si troveranno in molti casi, da qui ai prossimi due mesi, di fronte alla necessità di approvare un bilancio in uno scenario che le vedrà probabilmente private di grandi fette di introiti (diritti tv, botteghino, sponsor). «Il decreto Cura Italia finora è intervenuto solo per differire le assemblee di tutte le società, comprese ovviamente quelle sportive. In un panorama…
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