Blockchain e proprietà intellettuale, scenari presenti

a cura di Nico Kuhlmann

 

Marco Barulli (nella foto) è il fondatore di Bernstein.io, azienda basata a Monaco di Baviera che utilizza la blockchain per offrire servizi di protezione e gestione della proprietà intellettuale.

Cosa ha a che fare la blockchain con la proprietà intellettuale?

Cominciamo con una buona notizia: l’umanità produce innovazione a ritmi mai visti prima. E questo si riflette anche sul mercato: l’87% degli asset dello SP500 è oggi costituito da beni immateriali. 20 trilioni di dollari di pura proprietà intellettuale!
Purtroppo questa enorme quantità di proprietà intellettuale è ancora gestita in modo lento, geograficamente frammentato e costoso. L’attuale sistema IP fatica a tenere il passo con la velocità del mondo digitale, e la maggior parte delle aziende che fanno innovazione non ne trae grandi benefici.
In questo scenario, la blockchain rappresenta il registro pubblico universale che stavamo aspettando da millenni: indipendente da qualsiasi autorità centrale, immutabile, resiliente e incensurabile. Ognuno può avere accesso ad una copia aggiornata di questo registro, ognuno può aggiungervi nuovi dati, ma nessuno sarà in grado di apportare modifiche o cancellare alcunché. E, naturalmente, questo registro pubblico universale è lo strumento perfetto per tracciare asset di proprietà intellettuale e processi di innovazione.
Grazie alla blockchain, le aziende possono creare solide basi per neutralizzare o limitare i rischi durante l’intero ciclo di vita dell’innovazione, dalla protezione dei segreti industriali, al defensive publishing.E questa è letteralmente la missione di Bernstein.

I servizi di Bernstein sono già disponibili? Puoi fornire un esempio concreto di un cliente e di come utilizza Bernstein?

Bernstein ha recentemente terminato la fase di “private beta”, durata oltre un anno, durante la quale abbiamo acquisito decine di clienti, sia aziende high-tech che studi legali. E da qualche  settimana i servizi di Bernstein sono disponibili al pubblico.
Il cliente più entusiasta è P&TS, uno studio legale svizzero che dal 2017 offre ai propri clienti le certificazioni di Bernstein, individuando in modo proattivo situazioni in cui tali certificati riducono al minimo i rischi o creano le basi per un quadro contrattuale più solido.
Ci piace lavorare con gli studi legali. Grazie ai loro contributi, abbiamo acquisito familiarità con numerose situazioni in cui Bernstein offre vantaggi sostanziali: dal creare documentazione per le strategie di “prior use defense”, alla gestione dei processi creativi settore della moda e del design, dalla stesura di NDA robusti e non ambigui, alla registrazione di copyright per software e manuali.

Qual è lo status giuridico attuale dei certificati basati sulla blockchain?

Negli ultimi anni molti Paesi stanno varando provvedimenti che fanno esplicito riferimento alla tecnologia blockchain e rendono legalmente ammissibili le informazioni registrate tramite tale tecnologia. I legislatori si stanno muovendo velocemente poiché i governi stessi necessitano di fornire un supporto normativo al crescente numero di iniziative blockchain nel settore pubblico.
La Cina è chiaramente all’avanguardia in questo campo, con la recente decisione della Corte Suprema e la sentenza della corte di Hangzhou, dove un certificato Bitcoin è stato decisivo per la valutazione di un caso di violazione del copyright. Negli Stati Uniti, diversi Stati federali stanno introducendo provvedimenti che rendono “smart contracts” e “blockchain records” legalmente riconosciuti e validi.
Anche in Europa la situazione è complessivamente favorevole. Il regolamento eIDAS, ad esempio, stabilisce espressamente che un documento elettronico non può essere rigettato come prova in giudizio solo perché non soddisfa i requisiti canonici di un timestamp elettronico qualificato.

Perché un’azienda dovrebbe fidarsi di Bernstein e condividere con Bernstein i propri asset IP? Inoltre, come siete riusciti a superare le tradizionali sfide di usabilità dei prodotti basati sulla crittografia?

Le aziende non…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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