Beauty contest, il fondo TRD non vuole donne tra i legali
Donne avvocato? «No grazie». Da anni, si sa, viviamo in un “buyers market”. Chi compra (e paga) servizi legali vuole l’ultima parola non solo sulla qualità della prestazione attesa, ormai data per scontata, ma anche sul prezzo e sulle risorse professionali che lo studio metterà a sua disposizione. Ecco allora che non stupisce, anche se forse indigna, la decisione del fondo Taylor Roger Deacon, che gestisce risorse raccolte tra investitori istituzionali, molti dei quali provenienti dal mondo arabo, di indicare, tra i criteri per la sua prima selezione di studi legali da inserire in un panel, la assenza di donne tra i soci delle law firm interessate a partecipare.
La notizia è di particolare interesse perché il beauty contest, per la prima volta annunciato con un comunicato sul sito ufficiale del fondo (clicca sotto per il link), ha un capitolo dedicato alla ricerca di professionisti italiani, in considerazione del crescente interesse che i gioielli del made in Italy riscontrano sui mercati internazionali.
La presentazione del fondo, svoltasi stamane a Milano durante una conferenza stampa in un sontuoso albergo del centro, ha visto la partecipazione di molti addetti ai lavori. Ma le pretese avanzate e in particolare quelle sulla composizione della partnership dello studio hanno diviso i selezionatissimi partecipanti che, se da un lato erano pronti a sentirsi chiedere sconti o tariffe agevolate in cambio di mandati di indubbio interesse, dall’altro non avrebbero immaginato di ricevere un diktat di questo genere relativo alla propria compagine associativa. Il budget per le spese legali allocato al capitolo Italia per il biennio 2016-18 è di 20 milioni di euro.
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