Banche popolari, la riforma all’esame della Corte di Giustizia: ecco gli avvocati
La riforma delle banche popolari varata dal governo di Matteo Renzi nel 2015 Ha fatto tappa alla Corte di Giustizia europea. Il 16 luglio ha dichiarato legittimo il tetto degli 8 miliardi di attivi, oltre il quale trasformarsi in spa, e il limite al rimborso dei soci.
Adesso il procedimento ritornerà al Consiglio di Stato che a quel punto, dopo un nuovo dibattimento con le parti, potrebbe sbloccare la riforma sull’obbligo di conversione in società per azioni il cui termine ultimo è stato nel frattempo posticipato al 31 dicembre 2020. A oggi, l’unica banca che non ha provveduto alla trasformazione è la Popolare di Sondrio.
Molti gli avvocati intervenuti in difesa della riforma. Per la Banca d’Italia hanno agito Donatella La Licata, Marino Ottavio Perassi e Raffaele D’Ambrosio; per l’Unione di Banche Italiane – Ubi Banca SpA, sono intervenuti il professor Giuseppe de Vergottini dello studio legale de Vergottini) e Giuseppe Lombardi, senior partner di BonelliErede (entrambi nella foto a sinistra); per la Amber Capital Italia SGR SpA e la Amber Capital UK LLP, ha agito un team di Giovannelli e Associati coordinato da Pasquale Cardellicchio (nella foto a destra); per il Governo italiano è intervenuta l’Avvocatura dello Stato con Gianna Maria De Socio e Paolo Gentili.
Nella sentenza, riportano le agenzie, la Corte rileva in particolare che i limiti al diritto di recesso previsto dalla riforma implicano “un sacrificio della libertà d’impresa e del diritto di proprietà” ma possono essere legittimi per evitare rischi di default per le banche.
Quanto al tetto degli 8 miliardi di attivi, al di sopra del quale le banche popolari sono obbligate a trasformarsi in Spa, la Corte osserva che il diritto dell’Unione non prevede direttamente obblighi o divieti. Tale soglia implica, “in principio”, una restrizione alla libera circolazione dei capitali”, che tuttavia può essere giustificata “dallo scopo di garantire una maggiore competitività delle banche, una loro sana governance e, in ultima analisi, la maggior stabilità complessiva del sistema bancario e finanziario europeo”.
A marzo del 2018 la Corte costituzionale aveva rigettato tutte le questioni di legittimità sollevate contro la riforma delle banche popolari approvata con decreto dal governo Renzi nel 2015 (qui la news).
È inoltre opportuno ricordare che la vicenda trae origine dal ricorso al Tar presentato nel 2015 dal professor Marco Vitale che unitamente a un gruppo di soci di diverse Banche Popolari, dette mandato allo studio Marini e in particolare agli avvocati Fausto Capelli, Francesco Saverio Marini e Ulisse Corea ad agire per ottenere l’annullamento dei provvedimenti di Banca d’Italia attuativi della riforma (qui l’articolo).
Dopo questa pronuncia della Corte di Giustizia, dunque, la palla torna al Consiglio di Stato che dovrà verificare una volta per tutte se la soglia di 8 miliardi di attivo è proporzionata rispetto ai dichiarati obiettivi della legge e se sono proporzionati i limiti al rimborso dei soci recedenti.
La storia continua.