Baccomo: «Dopo lo studio legale non ti spaventa più nulla»?
di antonella jannelli
Avvocato in uno dei maggiori studi internazionali e poi il blog: “Studio Illegale”. Lo specchio nero e divertito dell’anima di ogni devoto operaio degli studi legali d’affari. Ne nasce un romanzo (60mila copie vendute) e successivamente un film distribuito da Warner Bros. A questo punto, l’avvocato, che nel frattempo era passato dallo studio legale a un’azienda, decide di fare solo lo scrittore.?Nel 2011, Federico Baccomo (nella foto di Elisa Di Marco) alias Duchesne pubblica il libro “La gente che sta bene” e diventa co-sceneggiatore del film che ne segue. Nel 2014, il terzo romanzo: “Peep Show”.
E’ stato più divertente scrivere “Studio Illegale” sotto pseudonimo, come un reporter infiltrato, o firmare le tue opere successive e essere riconosciuto?
Nessuno sapeva che ero Duchesne. Potevo essere me stesso senza freni e scrivere anche quello che pensavo non sarebbe piaciuto. Mi è servito molto a privarmi del pudore. Ma poi viene il momento di uscire e non aver paura dei giudizi.
Come quando ti sei dimesso dallo studio legale , rinunciando alle “prospettive*”…
La settimana prima lavoravo fino a mezzanotte. La settimana dopo non sapevo come dirlo in giro. La gente non ci crede che ti sei dimesso.
Ti piace raccontare storie di anti-eroi. Personaggi spesso deboli, odiabili e, da un certo punto di vista, senza qualità. Perché?
Mi piace il personaggio che sta un po’ al margine. Il disagio e la disperazione sono più interessanti da raccontare.
Si dice che il disequilibrio sia il principio della vita, e anche quello dell’ironia…
L’umorismo permette di smitizzare, offre un punto di vista inaspettato, uno sguardo laterale. E’ quello che ti abitua a capire una persona. Quando sai di cosa ride, conosci un po’ com’è. A me, viene da ridere su tutto. Mi piace la risata empatica.
Come nel tuo blog…
Quella è stata la sorpresa. La prima forza di Studio Illegale è stata il riconoscimento, la comunità. In un blog non puoi recitare troppo e le persone raccontavano le proprie debolezze e ne ridevano insieme.
Con il tuo secondo romanzo, “La gente che sta bene” hai raccontato una storia più graffiante e dura
Qui non c’è quella risata confortante. Quando nel capitolo 22 Giuseppe fa l’incidente, è cambiata la mia narrativa, e uno può decidere se seguirmi. Se la storia ha un senso. Senno è la vita, basta che apri la finestra e guardi.
Quindi suggerisci, lasci che le azioni comunichino…
Ma già nel romanzo seguente, Peep Show, ho voluto usare di più le parole per descrivere anche il sentito dei personaggi e il senso del racconto.
Stai invecchiando…
Sono molto tranquillo. I miei libri mi sembra diventino un po’ più sinceri e veri.
Per il film tratto da “La gente che sta bene”, ti sei scoperto anche sceneggiatore. Come ci sei riuscito?
Ho prima collaborato (durante il precedente film, tratto da Studio Illegale) e ho studiato. Inoltre ho guardato molti film, con l’attenzione di chi deve ricreare lo scritto. E poi, mi sono buttato.
Una sequenza di azioni forse simile alla tua esperienza di praticante avvocato. Gli studi legali, quindi, sono un po’ come i Marines?
Sì, dopo non ti spaventa più nulla.
Hai lasciato il tuo studio nel 2007, prima della crisi. Secondo te gli avvocati oggi sono cambiati? Sono più umani?
In realtà tra le persone più umane che ho incontrato, c’erano degli avvocati. Mi facevano molto divertire. Trovo più disumani quelli dell’editoria, sono molto più pericolosi. Sono sei anni che faccio questo mestiere di scrivere, sembrano più spietati loro.
Non è incredibile?*
(Sì.)*
*citazioni tratte da scritti di F. Baccomo