Avvocati, parcelle sotto pressione
Obiettivo, riduzione del budget. La spesa in consulenza legale da parte delle aziende è più che mai sotto pressione. Complice l’effetto Covid-19. E per avvocati e studi legali il dialogo con i clienti diventa sempre più sofisticato.
Dall’altra parte della barricata, là dove si decidono mandati e attività da gestire con l’ausilio di professionisti esterni, le parole d’ordine sono efficienza, internalizzazione e revisione delle risorse.
È quanto emerge dalla edizione 2020 della annuale ricerca sulle “sfide dei general counsel” svolta da Mopi, l’associazione che raggruppa gli specialisti del marketing delle professioni, in collaborazione con Aigi, associazione italiana dei giuristi d’impresa.
La tendenza del mercato è netta. Il 70% delle aziende interpellate per questa indagine, alla domanda relativa all’orientamento rispetto alle spese legali nel prossimo futuro, dice di prevedere una riduzione del budget. Addirittura, il 44,37% del campione afferma che non solo si aspetta una riduzione di questa voce di spesa ma addirittura che il contenimento del budget delle spese in consulenti esterni è «uno degli obiettivi assegnati all’ufficio legale». A febbraio 2019, fa notare da Mopi, Gaia Francieri, «alla stessa domanda aveva risposto “diminuire” solo il 26% del campione».
Approfondendo ulteriormente la questione emerge che l’attitudine a ridurre la spesa legale è particolarmente elevata nelle aziende medio-grandi. Un’azienda su due tra quelle che contano da 101 a 1.000 dipendenti ha incaricato la propria direzione legale di perseguire questo obiettivo.
Le meno propense ai tagli (23,5%), invece, risultano le piccole aziende, ovvero quelle con 50 o meno dipendenti. Il che, probabilmente, dipende dal fatto che, a differenza delle realtà di maggiori dimensioni e più strutturate, le piccole imprese non sono sempre dotate di una (seppur minima) funzione legale interna.
In questo scenario orientato all’ottimizzazione della spesa, infatti, un’azienda su due di quelle che fanno sapere di voler diminuire il budget, intende portare in house parte del lavoro finora gestito in outsourcing. Decisamente consistente, poi, la percentuale di chi punta a «negoziare costi inferiori con i fornitori attuali».
Il mercato chiede agli avvocati creatività e capacità organizzativa. Uno su tre (32,4%) dei 170 soggetti intervistati, infatti, auspica una «struttura dei prezzi diversa rispetto alle tariffe orarie. Ma solo il 13,8% è così diretto da chiedere maggiori sconti.
Oltre alla capacità di studiare formule nuove (innovative potremmo dire) di fatturazione, i professionisti in house chiedono (39,3%) ai loro consulenti esterni «maggiori sforzi per capire il business del cliente», il che li aiuterebbe senz’altro a strutturare un’offerta di servizi più adeguata sotto ogni punto di vista, incluso quello economico. Ma non è tutto. Chi…
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