AVVOCATI: «LORDINE? VOTIAMO PER ABOLIRLO»?
Radicale nel cuore e nei pensieri. Simona Viola (nella foto) è uno dei più noti avvocati amministrativisti italiani, un peso massimo nel settore dell’energia e un’autorità in campo ambientale. Allieva di Giuseppe Pericu e fondatrice di Giuspubblicisti Associati, l’avvocata nella sua carriera ha seguito la fase di riorganizzazione del mercato elettrico successiva al superamento del regime monopolistico. Detto altrimenti, Viola è uno dei giuristi che ha visto nascere e seguito passo dopo passo l’apertura del settore al mercato. E nel mercato, ovvero nella sua capacità di promuovere le eccellenze attraverso una sana competizione, lei crede profondamente. Tanto da invocarne la sovranità anche quando si parla di professione forense. ?
È per questo che Mag by legalcommunity.it ha voluto incontrarla per discutere delle elezioni per il rinnovo dei consigli degli ordini (a Milano si vota dal 3 al 5 marzo, a Roma dal 10 al 12, mentre in altri distretti il voto c’è già stato dopo lo stallo che ha preceduto la sentenza del Tar Lazio sul regolamento elettorale) e per capire, dal suo punto di vista, se queste istituzioni abbiano ancora un senso e chi rappresentino davvero. «Il Consiglio dell’Ordine è specchio di una esigua minoranza di professionisti», dice Viola, «mi piacerebbe poter registrare la partecipazione che avrebbe presso gli avvocati un referendum sulla sua abolizione…».
Il rinnovo dei coa è andato per le lunghe. Tra ricorsi, controricorsi, esposti e immancabili polemiche. La politica forense non è stata capace di darsi regole chiare per nominare i suoi rappresentanti. Come legge quanto successo?
A me pare che da una parte la politica (senza aggettivi) dovrebbe regolare l’esercizio delle professioni liberali nell’interesse del complesso del sistema delle tutele giudiziarie e della concorrenza, ma è condizionata dalla presenza di centinaia di avvocati parlamentari. E dall’altra c’è la “corporazione forense” che ha tradizionalmente svolto una strenua difesa degli interessi particolari della componente della avvocatura meno disposta a confrontarsi con il mercato e che è ormai degenerata in una costellazione di piccoli gruppi di potere in lotta fra loro. Lo stallo regolatorio cui assistiamo è espressione dell’agonia e dell’avvitamento su se stesso di un sistema corporativo obsoleto e completamente inadeguato rispetto alla società contemporanea.
Il tema delle regole è legato alla rappresentatività: di chi sono specchio, oggi, le istituzioni forensi, secondo lei?
A Milano partecipa al voto circa un quarto degli aventi diritto. Dunque il Consiglio dell’Ordine è specchio di una esigua minoranza di professionisti ed è sostanzialmente privo di rappresentatività. Gli Avvocati per poter esercitare la professione devono necessariamente iscriversi all’ordine, non sono liberi di scegliere. Mi piacerebbe poter registrare la partecipazione, ancor prima dell’esito, che avrebbe presso gli avvocati un referendum sulla abolizione dell’ordine…
L’ordine degli avvocati è un ente che ha ancora un’utilità?
L’ordine è utile soprattutto a chi partecipa in prima persona del suo micro sistema di potere ed è certamente utile alla componente dell’avvocatura che trova protezione e tutela nel modello corporativo. È invece di dubbia utilità per i professionisti che vogliono confrontarsi con un mercato autenticamente concorrenziale, alla crescita della società e al miglioramento del sistema giudiziario nel suo complesso. L’utilità è poi evanescente per i cittadini utenti del sistema e le imprese.
Insomma, per lei si tratta di un ente superato… ma rischia anche di essere dannoso?
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