Avvocati, ecco chi fa innovazione in Italia

Innovare stanca. Ma diventa sempre più necessario. Anche nella professione legale, dove la competizione tra professionisti si gioca seguendo regole che cambiano velocemente e spostano sempre un po’ più in avanti la linea dell’eccellenza. Innovare stanca. Soprattutto in Italia, dove per anni (e per certi versi ancora oggi) la classe forense ha difeso con forza le prerogative della propria tradizione.

Il modello italiano, vincente solo entro il patrio confine, ha reso quello della Penisola uno dei pochi mercati in cui le grandi potenze internazionali della consulenza legale non sono riuscite ad affermare il loro primato in termini di market share. Innovare stanca. Innovare costa. E se a questo si aggiunge che gli studi legali italiani sono usciti indenni o quasi dalla grande calata dei concorrenti internazionali avvenuta negli ultimi quindici anni, allora si capisce come mai, per le law firm di casa nostra, il tema dell’innovazione non è in cima alla lista delle priorità per affrontare la concorrenza.

A lungo l’innovazione è stata puro manierismo. Si è limitata a un esercizio di replica delle attività o delle iniziative messe in atto all’estero da studi legali considerati un modello da imitare. Ma con risultati spesso scialbi. Probabilmente è questo che spiega come mai, nell’annuale edizione della survey dedicata agli innovative lawyers europei dal Financial Times, la presenza di studi italiani è ridotta all’osso con un solo caso segnalato.

Eppure, dall’osservatorio di legalcommunity.it, la sensazione che si ha rispetto all’attuale grado d’impegno e coinvolgimento degli studi legali italiani in relazione alle istanze di innovazione è molto diverso. La crisi degli ultimi otto anni ha messo in seria discussione il modello tradizionale di gestione degli studi legali. Ma soprattutto, la recessione e l’impatto che essa ha avuto sulle dinamiche di mercato (a cominciare dall’abbattimento della redditività della consulenza legale) hanno sollecitato più di un player a rivedere la propria organizzazione, in qualche caso anche la propria governance spingendo alcuni a ragionare su alcuni aspetti della propria offerta anche in termini di prodotto. Cosa che fino a poco tempo fa sarebbe apparsa un’eresia. Sia bene inteso, i pochi innovatori italiani sono da considerare come una sorte di velocisti del mercato. E di fatto sono ancora una minoranza. Poco più del 10% se si tiene conto dei primi cento studi legali per fatturato, stando ai riscontri di un’indagine condotta da Mag su questo fronte.

Di seguito presentiamo una panoramica su alcuni dei casi più interessanti rilevati dall’osservatorio di legalcommunity.it.

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