Avvocati e AI: tra consapevolezza alta e adozione ancora troppo bassa

La rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale nella professione legale è ormai considerata inevitabile dagli avvocati italiani, ma la consapevolezza non si traduce ancora in un’adozione diffusa. È quanto emerge dalla survey condotta da Aptus.AI in occasione del Congresso Nazionale Forense 2025, che ha coinvolto 333 professionisti del settore. L’84% degli intervistati prevede un impatto significativo dell’AI entro cinque anni, e un terzo lo giudica addirittura drastico. Eppure, solo il 19% utilizza regolarmente strumenti basati su queste tecnologie, mentre il 34% non li ha mai sperimentati.

Il dato più evidente riguarda le competenze: il 70% degli avvocati si sente poco o per nulla preparato nell’uso dell’AI. Le differenze tra specializzazioni sono marcate: tributaristi e amministrativisti risultano più propensi a integrare nuove soluzioni, probabilmente per la complessità normativa dei loro ambiti; i penalisti, invece, restano più cauti, soprattutto per timori legati alla riservatezza dei dati e all’affidabilità delle risposte.

Nonostante ciò, l’AI è vista come un alleato prezioso nelle attività di ricerca giurisprudenziale (68%), analisi normativa (63%) e sintesi dei documenti (59%). Meno rilevante, almeno per ora, la possibilità di automatizzare la redazione di atti e contratti, scelta che riflette una percezione dell’AI come strumento di supporto alla comprensione, più che come sostituto operativo.

La sicurezza delle fonti (58%), la facilità d’uso (46%) e l’aggiornamento costante dei contenuti (39%) sono i principali fattori che potrebbero accelerare l’adozione. Non sorprende che il risparmio economico sia indicato solo dal 9%: la qualità, per gli avvocati, resta imprescindibile. Come sottolinea Andrea Tesei (nella foto), ceo di Aptus.AI, servirà un impegno congiunto tra istituzioni, ordini e mondo accademico per colmare il divario tra consapevolezza e utilizzo effettivo.

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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