Avvocati d’affari, il 2020? Chiuderà in calo per quattro su dieci (almeno)

di giuseppe salemme

Si potrà tornare alla normalità? Il punto interrogativo è d’obbligo. La temuta “seconda ondata” della pandemia di coronavirus incombe anche sull’Italia. Ma il lockdown della scorsa primavera rimarrà probabilmente un unicum storico per come ha colto tutti alla sprovvista e anche per come ha obbligato ogni operatore del mercato ad affrontare nuove sfide nell’impossibilità di far riferimento a precedenti simili.
Gli studi legali non hanno fatto eccezione e su MAG vi abbiamo raccontato in questi mesi molte delle storie di adattamento al new normal da parte di queste realtà.
Le iniziative adottate hanno riguardato l’organizzazione del lavoro a distanza e la riduzione dei compensi. In alcuni casi, gli studi le hanno già sospese. In altri hanno deciso di continuare (in tutto o in parte) a portarle avanti. Con quali effetti sui conti?

MAG ha deciso di fare il punto per cercare di capire in che modo questa situazione di continua emergenza si ripercuoterà sul prossimo futuro e in particolare che impatto avrà sui conti degli studi legali d’affari.
Oltre 50 studi hanno partecipato a una survey che li interrogava sui punti salienti di questi ultimi 8 mesi. E i risultati sono tutt’altro che scontati.

REMOTE WORKING
Quella del lavoro da remoto è stata, per ovvi motivi, la policy più largamente adottata dagli studi fin dalle prime avvisaglie dell’emergenza. Ad oggi, il 5,6% sta continuando a lavorare in full remote, a fronte di un 17% di insegne che sono tornate alla piena operatività presso le loro sedi fisiche. La maggioranza degli studi, ne consegue, sta continuando ad applicare il remote working in maniera parziale o alternata: nella maggior parte (59%) delle realtà esaminate, più del 70% degli avvocati sono tornati al lavoro, con picchi del 90% di presenze fisiche per quasi uno studio su cinque (18%). La restante parte del campione di studi preso in considerazione si divide tra un 18% con la metà o poco più di avvocati presenti in loco e un 12,8% con percentuali di presenza inferiori al 50%.

Ma qual è l’atteggiamento delle firm rispetto alla prosecuzione delle politiche di smart working? Il dibattito sul lavoro da remoto è di solito particolarmente divisivo, con opinioni contrastanti sui possibili danni o benefici che una sua larga adozione comporterebbe sul lungo periodo, e i nostri dati ci dicono che la platea degli studi legali non fa eccezione a questa dialettica. Sia chiaro, l’apertura allo smart working c’è: solo il 4% degli studi intervistati ha affermato che non implementerà una qualche politica di lavoro da remoto dopo la fine dell’emergenza sanitaria, con la restante parte del campione diviso tra chi permetterà un uso pressoché generalizzato di questa possibilità (64% delle risposte) e chi lo farà solo in casi eccezionali (32%). Ma se interrogati sulle ragioni della scelta o sulla filosofia retrostante, le cose si complicano: il 39,2% degli studi non crede allo smart working come leva per attirare i giovani talenti; un 7,8% afferma in aggiunta di non avere in generale interesse a lavorare con avvocati che non vogliono essere presenti in studio. “Lavorare insieme in studio è elemento chiave del nostro lavoro e crediamo che debba essere priorità per i giovani talenti ricevere una formazione professionale adeguata per cui il lavoro in team e in presenza sono elementi determinanti” risponde uno degli intervistati. Solo il 25,49% crede nel connubio giovani-remote working, con una grossa fetta di indecisi sull’efficacia di simili policies (35,3%).

Se poi si affronta il tema del rapporto tra smart working e costi fissi di struttura, gli avvocati si mostrano perfettamente divisi: una metà degli interpellati crede che il lavoro da remoto possa essere una soluzione per ridurli, l’altra metà è scettica. Un dato rimane pressoché certo (84,62% delle risposte lo menzionano): implementare policy di smart working presuppone a monte una nuova organizzazione del lavoro.

MISURE RETRIBUTIVE
Altro aspetto centrale delle misure prese dagli studi per far fronte al lockdown è quello retributivo (ne abbiamo parlato sul MAG 140). Ebbene: ad oggi, uno studio su due ha attuato qualche forma di intervento sui salari dei collaboratori o sulla distribuzione degli utili ai soci. Nella maggioranza dei casi sono stati proprio questi ultimi a…

 

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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