AVVOCATI, 82 MILIARDI DI MOTIVI PER RAGIONARE DA IMPRENDITORI

di nicola di molfetta

Sono anni che l’avvocatura si dibatte e si dimena per evitare che Antitrust, Banca mondiale, Fondo monetario e qualunque altra istituzione sovranazionale o locale faccia passare l’equazione che l’attività svolta da chi esercita una professione liberale possa essere assimilata a quella di chi svolge una qualsiasi altra attività di impresa. Ma le cose, tuttavia, potrebbero presto cambiare.

In altri tempi, chiunque osasse tentare anche solo di accostare avvocati e imprese si ritrovava coperto di critiche, apostrofato in malo modo e, se tutto andava bene, accusato di un turboliberismo filo capitalista e contrario ai principi della Costituzione. Lo scorso 10 aprile, però, la musica è cambiata. Con la notizia che grazie al riconoscimento dell'essenza imprenditoriale delle attività professionali, avvocati, commercialisti, architetti e via dicendo, potranno essere tra i beneficiari dei programmi Ue, Come e Orizzonte 2020, che mettono a disposizione più di 82 miliardi di euro per le piccole e medie imprese di qui a sei anni, nessuno o quasi ha ripetuto la vecchia litania dei distinguo tra attività d’impresa e libero professionale.

Meno male, viene da dire. Anche perché rinunciare all’opportunità di accedere legittimamente a risorse quantomai essenziali per il rilancio delle professioni solo per difendere un principio tanto labile quanto discutibile sarebbe stata una mossa a dir poco tafazziana. Eppure, qualche percussionista delle parti basse è ancora in circolazione. Per esempio, sul primo giornale economico e finanziario del Paese abbiamo letto «l'estensione ai professionisti degli incentivi Ue porta con se il pericolo di consolidare l'idea che il professionista non sia affatto distinto dagli altri operatori economici». Ma di quale pericolo si parla? E non manca chi avverte: «Potremmo dover accettare l'idea che il rispetto dell'etica e della deontologia scompaiano dal libero mercato dei servizi professionali». E questo solo come conseguenza dell’ammissione del fatto che l’attività professionale è equiparabile a quella imprenditoriale? E chi dice che fare impresa implica l’assenza di etica e deontologia?

Davvero è difficile comprendere cosa spinga alcuni osservatori a difendere ancora vecchi e infondati tabù mentre, solo per parlare di avvocatura, le cronache ci descrivono una situazione drammatica, con una categoria polverizzata e proletarizzata. Per fortuna certe voci sembrano destinate a rimanere isolate. Anzi. Cassa Forense si è prontamente mossa, unitamente all'Adepp e ad altre rappresentanze professionali, per conseguire maggiori finanziamenti dall'Unione Europea, da destinare ai singoli professionisti o a iniziative a sostegno della professione. Basta battaglie di retroguardia. L’avvocatura e le professioni hanno il dovere di guardare avanti e fare davvero la loro parte per sostenere la ripresa.

nicola.dimolfetta@legalcommunity.it
@n_dimolfetta
 

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