AVVOCATE: «LA MATERNITÀ NON DEVE PIÙ FAR PAURA»

di laura morelli

Rompere gli schemi. Come quello che impone la presenza di un uomo, magari anche di una certa età, a capo di uno studio legale o di un’azienda. O come quello che obbliga la donna a scegliere se continuare la carriera e affermarsi ai massimi livelli della professione o “rallentare” per dedicarsi alla famiglia. Una casetta e soprattutto, uno o più figli. E poi c’è lo stereotipo degli stereotipi: la prole? Competenza del sergente in gonnella. La “regina della casa”, che ogni tanto, però si ritrova a pensare come sarebbe andata se avesse scelto la carriera. «Sono questi schemi e questo tipo di mentalità che impediscono alle donne di essere prese seriamente in considerazione nelle aziende o negli studi». Annachiara Svelto (nella foto) ne è convinta.
Avvocata, 46 anni, segretario del consiglio d’amministrazione in Pirelli e membro del cda di Enel. Una donna di successo, una professionista affermata ma anche una mamma: di Matteo (11 anni) e Jacopo (5) avuti con la consapevolezza che «quello della maternità è lo scoglio più difficile da superare quando si vuole fare carriera». E a Mag by legalcommunity.it confessa: «Trovarsi seduta al tavolo di una riunione come unica donna, alcune volte, è veramente difficile. E ancora di più, riuscire a superare gli ostacoli senza diventare un uomo».

Diventare uomo?
Nel senso che uomo e donna hanno due metodi di lavorare e di gestire le situazioni completamente diversi. La donna è più capace di ascoltare. L’uomo tende a essere più autoritario.

E qual è il problema?
Il problema è che nella società e nelle aziende di oggi, il modello di leadership classico è quello dell’uomo e per questo, nei confronti della donna, una sottile e velata discriminazione c’è sempre.

La discriminazione nasce quindi dalla diversità?
La diversità fa paura, è vero, ma la causa principale, a mio avviso, è un’altra.

Quale?
La maternità. Agli inizi della propria carriera, sia essa in azienda o in uno studio legale, ragazzi e ragazze sono presenti nella stessa percentuale e la bravura è il metro di giudizio principale. Più si va avanti con la carriera e con l’età, però, più si sente il ticchettio dell’orologio biologico. Ed è in quel momento che scatta la discriminazione, spinta dalla paura che la donna venga meno ai suoi impegni lavorativi perché impegnata a fare la mamma.

PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI E SCARICA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG by LEGALCOMMUNITY

SHARE