Anglani: «La riforma spingerà il private enforcement»

Commercio elettronico, appalti pubblici, diritti audiovisivi. Sono molti i fronti che animano il settore Antitrust e che confermano, semmai ce ne fosse stato bisogno, la strategicità di questa area di pratica per gli studi legali d’affari. 

MAG ne parla con Francesco Anglani (nella foto), avvocato esperto della materia, socio dello studio BonelliErede e, soprattutto in questa circostanza, segretario dell’Associazione Antitrust Italiana (Aai). Proprio oggi prende il via a Capri il IV Convegno Nazionale dell’Aai, in programma fino a domani 26 maggio.

Commercio elettronico, si parla di una spada di Damocle che pende sul capo delle aziende del lusso: di cosa si tratta?
Le aziende del lusso considerano certamente internet come un’opportunità. Queste aziende hanno il legittimo interesse a che i loro prodotti siano venduti in contesti adeguati all’importanza del brand. Se questa esigenza è comprensibile in un’ottica commerciale, espone tuttavia le aziende al rischio di limitare i flussi di vendita così violando la disciplina antitrust.

Cosa è successo finora?
I  limiti imposti dalla normativa antitrust in questo settore sono emersi nel corso della sector inquiry della Commissione europea che si è appena conclusa. Nella relazione finale, la Commissione ha attirato l’attenzione su clausole e pratiche (ad esempio il divieto assoluto di utilizzo di marketplace, l’utilizzo di software di monitoraggio dei prezzi applicati sul web, l’esclusione dei pure online player e il geoblocking) che meriteranno una particolare cautela in futuro e sulla cui compatibilità con le regole sulla concorrenza la Commissione ha espresso dubbi.

 

Che conseguenze ci si aspetta?
Le condotte scrutinate dall’indagine afferiscono alla sfera della distribuzione e dei rapporti verticali, aree che negli ultimi anni sono state di rado oggetto di attività di enforcement in Italia. E’ possibile che la sector inquiry della Commissione porterà all’apertura di nuovi procedimenti, come affermato in più occasioni dal Commissario Vestager e come desumibile dalle conclusioni del report finale.

 

Cosa possono già fare le imprese?
Al di là delle conclusioni raggiunte dalla Commissione e dei casi sui quali si pronuncerà presto la Corte di Giustizia (i.e.: Coty), già oggi la normativa antitrust offre alle aziende uno strumento che consente di limitare l’eccessivo proliferare della distribuzione online poco accurata. 

 

Qual è?
È la cosiddetta “distribuzione selettiva”, ossia un sistema di distribuzione che permette, da un lato, di ammettere al network distributivo solo i rivenditori che rispettano determinati criteri (qualitativi e quantitativi) e, dall’altro, di vietare ai rivenditori di vendere a negozianti che non facciano parte del network di rivenditori selezionati.

 

Altro capitolo è rappresentato dagli appalti pubblici…
La recente prassi applicativa dell’AGCM mostra un crescente intervento nella repressione di fenomeni collusivi posti in essere tra i concorrenti nell’ambito di gare, pubbliche o private, peraltro esteso ai più vari settori merceologici: dalla sanità, ai diritti televisivi, dai rifiuti, al trasporto pubblico locale, ecc. 

 

In che cosa si è tradotta questa crescente attenzione?
Negli ultimi tre anni, assai numerose sono state le istruttorie avviate per accertare fenomeni di bid rigging da parte dell’Autorità, che ha anche siglato un apposito protocollo di intesa con l’ANAC grazie al quale sono stati istituzionalizzati flussi informativi periodici tra le due autorità.

 

Che effetto ha avuto sulle imprese?
Questo approccio determina riflessi importanti per le imprese, specie per quelle che operano in mercati caratterizzati dalla presenza di gare pubbliche, per due particolari ragioni. La prima attiene alla quantificazione della sanzione per l’eventuale illecito antitrust commesso, che in simili casi prende a riferimento gli importi oggetto di aggiudicazione. Tale circostanza – specie per le grandi commesse pubbliche – fa sì che nella maggior parte dei casi la sanzione giunga al massimo editale previsto ex lege: il 10% del fatturato dell’impresa.

 

La seconda ragione?
Attiene al rischio di esclusione dalle future gare, che potrà essere valutato discrezionalmente dalla stazione appaltante verificando se l’illecito antitrust abbia compromesso l’integrità dell’operatore e, conseguentemente, la sua affidabilità.

 

Ha parlato di diritti televisivi: che scenario delineano le nuove Linee Guida della Lega Nazionale Professionisti Serie A per la commercializzazione in forma centralizzata?
Tali linee guida, che secondo quanto previsto dalla legge Melandri devono passare al vaglio dell’AGCM e dell’AGCOM, sono state respinte una prima volta da ambedue le autorità ed è attualmente in atto una nuova consultazione. La nuova decisione è attesa a breve. Più in generale, un tema oggetto di grande attenzione da parte degli stakeholder del settore è quello di una revisione della legge Melandri. 

 

Una revisione che dovrebbe portare a cosa?
Non solo a rivedere l’allocazione delle responsabilità tra le Autorità coinvolte per consentire un processo più snello e tempestivo, ma anche per aggiornare l’apparato normativo all’evolversi delle tecnologie e quindi all’aumentare dei possibili canali di distribuzione dei diritti audiovisivi medesimi. 

 

La recente archiviazione della procedura sul cartello dell’autonoleggio rappresenta un cambio d’indirizzo su questo tipo di azioni? 
È senz’altro vero che negli ultimi anni i casi archiviati dall’Autorità sono stati assai contenuti, in particolare a seguito di contestazioni gravi come nella procedura sul cartello dell’autonoleggio. Non sono in grado di dire se la decisione dell’AGCM costituisca un cambio di indirizzo e soltanto il tempo potrà dirlo. 

 

Quel che è certo è che nel caso di specie, nonostante le contestazioni degli Uffici, il Collegio ha esaminato il caso in dettaglio e verificato che nessun elemento consentiva di ritenere che lo scambio di informazioni fosse illecito…
Vero, e questo mi porta a sottolineare una cosa. Dichiarando il mio conflitto d’interesse, dato che assistevo una delle parti coinvolte nell’istruttoria, ritengo che la conclusione di quest’ultima costituisca una vittoria non soltanto per le imprese coinvolte, ma anche per il “Sistema Paese”, posto che, per le imprese multinazionali attive in un mercato globale, sapere che in Italia esiste un’Autorità antitrust affidabile e sopra le parti costituisce un valore aggiunto che incoraggia gli investimenti sul territorio.

 

A proposito di imprese: la compliance antitrust sta prendendo piede?
Ultimamente numerose imprese si sono dotate di programmi di compliance. Le ragioni alla base di tale scelta sono più di una. In primo luogo, l’adozione di tali programmi riduce drasticamente il rischio di violazione della normativa antitrust, che può avere un impatto molto negativo sull’azienda. L’accertamento di un’infrazione da parte dell’AGCM o della Commissione europea espone a sanzioni che possono raggiungere il 10% del fatturato, nonché ad azioni risarcitorie esperibili in sede civile da parte dei soggetti danneggiati, azioni peraltro sempre più celeri ed efficaci alla luce della nuova legislazione sul private enforcement.  

 

Poi?
In secondo luogo, detti programmi vengono considerati dall’AGCM come circostanze attenuanti che possono comportare una riduzione della sanzione fino al 15% alle imprese che li adottano. E in terzo luogo, l’adozione di un programma di compliance rafforza la reputazione e il brand delle imprese, elevando la tutela della concorrenza e del consumatore a “valore” da spendere sul mercato, come già accade, ad esempio, con la tutela dell’ambiente.

 

Ha accennato al private enforcement: resta ancora solo un tema per convegni o comincia a essere un vero filone di attività?
Non è del tutto corretto affermare che il settore del private enforcement sia stato fino ad oggi un tema per convegni. È vero che finora non si è radicata una forte cultura del risarcimento del danno antitrust in Italia e che sono state prevalentemente le grandi aziende a dar seguito alle decisioni dell’AGCM con azioni risarcitorie. 

 

Appunto…
Tuttavia, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 3/2017, che ha recepito la Direttiva europea, la situazione cambierà, visto che il complesso delle nuove regole ridurrà i costi e abbrevierà i tempi del giudizio, che sarà così più facilmente accessibile anche da parte delle piccole e medie imprese.

 

Più in dettaglio?
Innanzitutto, il testo normativo fa un passo avanti sul valore in sede risarcitoria delle decisioni delle autorità nazionali di concorrenza. Queste non rappresenteranno più soltanto una “prova privilegiata” dell’illecito, ma saranno vincolanti nei confronti dei giudici. Se poi devo individuare un profilo di particolare interesse per le imprese all’interno della nuova legislazione, indico senz’altro il tema della responsabilità risarcitoria “limitata” per le PMI e per le aziende che aderiscono ai cosiddetti programmi di clemenza. 

 

Qual è l’approccio del decreto?..

 

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